Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation of the Italian Republic

01/09/2025 | Press release | Distributed by Public on 01/09/2025 02:39

Tajani: «Abbiamo sempre avuto relazioni e canali aperti con l’Iran e la Siria. E questo è stato decisivo»

L'ha trovata «provata, certo, ma serena, forte. A testa alta». Antonio Tajani è ancora assieme a lei a Ciampino con la premier Giorgia Meloni, con i genitori, a salutarla con un «Evviva! Bentornata Cecilia» quando finalmente al telefono può tirare un sospiro di sollievo. «Sono stati giorni difficili, abbiamo lavorato di continuo, li abbiamo trascorsi dedicando al caso ogni sforzo. Oggi possiamo dire che c'è stato un lavoro di squadra fra governo, intelligence, diplomazia e anche con la famiglia che è stata bravissima a gestire la situazione e il silenzio stampa. E c'è stato un intervento diretto della premier, che ha partecipato a tutte le riunioni. Poi la situazione si è sbloccata per davvero l'ultima notte. La discrezione, il lavoro incessante portano risultati».

Anche l'attenzione mediatica però. Cecilia Sala è un personaggio noto, gli sforzi dovevano essere massimi…

«Gli sforzi sono massimi e sono gli stessi per ogni cittadino italiano. E se è possibile anche i risultati, come in Iran si vide nel caso Piperno. La Farnesina si impegna per ogni italiano all'estero in difficoltà, questo era un caso particolarmente delicato».

Per lei anche personale.

«Conosco il papà di Cecilia, è chiaro che ho condiviso la sua preoccupazione di padre, ma ripeto: per noi tutti gli italiani che hanno bisogno di aiuto sono uguali».

Cosa può dire delle trattative, cosa è successo?

«C'è stato un dialogo continuo, e ripeto, la nostra intelligence, la diplomazia, il governo hanno fatto il massimo. Essere un Paese come il nostro che ha rapporti con tutti i Paesi dell'area del Medio Oriente, anche con quelli di cui non condivide politiche e azioni, rende possibile agire con efficacia anche di fronte a grandi difficoltà. Non a caso noi abbiamo tenuto aperti i rapporti politici con l'Iran, abbiamo tenuto aperta l'ambasciata in Siria, dove andrò domani dopo che si sarà riunito il Quintetto. Ribadirò alle nuove autorità siriane l'importanza di un processo politico inclusivo che garantisca le libertà fondamentali di tutti i siriani e riconosca e valorizzi il ruolo dei cristiani come cittadini con pienezza di diritti, e annuncerò anche il primo pacchetto di aiuti per la cooperazione».

Ma c'è stato o no uno «scambio», promesse, per la liberazione dell'ingegnere iraniano Abedini?

«Sono due cose separate, lo hanno spiegato anche le autorità iraniane. Il caso Abedini è trattato dalle autorità giudiziarie italiane, vedremo cosa succederà. Poi, eventualmente, sarà di competenza del ministro della Giustizia. Cecilia Sala era invece una cittadina italiana accusata di aver violato le leggi locali, e su quello abbiamo lavorato».

Ma quindi come finisce il caso Sala?

«Mentre parliamo viene ascoltata dai Ros, ci sono procedure ben stabilite. Ma tutto qui. Noi abbiamo fatto quello che dovevamo». In questo caso vi ha aiutato l'opposizione? «Devo dire che, a parte qualche voce isolata, abbiamo visto un'opposizione responsabile. Ovviamente abbiamo tenuto aperti canali di informazione, e il sottosegretario Mantovano ha riferito al Copasir. Ma sì, ciascuno ha fatto la propria parte».

L'ha fatta anche Trump, dal quale si è recata a sorpresa la premier in visita lampo il 4 gennaio?

«Ha avuto un effetto politico che è stato affiancato dal lavoro politico, generale, costruito per far capire che l'Italia parlava con gli Stati Uniti, ma non c'è stata una conseguenza diretta sulla liberazione di Sala. È possibile che l'accelerazione per la liberazione della giornalista sia anche avvenuta in questi giorni prima dell'insediamento ufficiale di Trump, che la tempistica sia stata favorevole».

È vero che anche lei avrebbe voluto essere con la premier da Trump?

«Quella era una missione della premier. Io andrò negli Usa quando la nuova amministrazione si sarà insediata, incontrerò il mio omologo Rubio, lavorerò ai miei dossier».

Ma non sarà al giuramento di Trump?

«Quella è una cosa interna americana, non di governo. Ci sarà tempo, tratteremo tutti i dossier aperti a tempo debito a partire da quello sui dazi».

In questi giorni però l'impressione è di un governo italiano vicinissimo a quello americano. Fin troppo, per molti, vista la presenza e anche l'invadenza di Musk negli affari italiani.

«A oggi Musk è un privato cittadino e un grandissimo imprenditore; quando sarà al governo è ovvio che dovrà misurare le sue dichiarazioni. Poi, per quanto riguarda il sistema di comunicazioni satellitari della sua azienda, è un altro discorso».

E di cosa parliamo?

«Di una scelta tecnologica che deve fare lo Stato italiano. Io non ho preclusioni a prescindere, una cosa è Musk, altra la sua azienda. Se è in grado di fornire i migliori servizi, perché dire no a priori? Vedremo, ci saranno valutazioni, si sceglierà il meglio per garantire i servizi necessari alle nostre amministrazioni».

Non teme che la presenza di Musk, il suo intervenire nelle politiche interne di altri Paesi europei, che si affianca a un atteggiamento verbalmente molto aggressivo di Trump, possa mettere a rischio l'Europa?

«Europa e Usa sono due facce della stessa medaglia, l'Occidente. Hanno comuni interessi e devono avere comuni obiettivi se non vogliamo indebolirci: lavoreremo bene con l'amministrazione Trump. Europa e America devono rimanere alleate: è il nostro destino, è la nostra forza.