ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

06/09/2025 | Press release | Distributed by Public on 06/09/2025 14:46

L’impegno cinese all’Onu e nelle organizzazioni multilaterali dopo la rielezione di Donald Trump

  • Commentary Asia
    di Silvia Menegazzi

La rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2024 ha rappresentato un nuovo punto di svolta per la governance globale e per il ruolo della Cina nelle organizzazioni multilaterali, in particolare l'Organizzazione delle nazioni unite (Onu). L'approccio isolazionista degli Stati Uniti (Usa), già sperimentato durante il primo mandato Trump, è stato riproposto con maggior vigore dalla nuova amministrazione, creando delle nuove opportunità per la diplomazia cinese. In questo scenario, Pechino ha rafforzato la propria influenza, presentandosi come attore responsabile e promotore di stabilità in un contesto internazionale sempre più frammentato e competitivo.

La vittoria di Trump nel 2024 ha infatti riproposto una linea politica improntata al primato degli interessi nazionali statunitensi, con un atteggiamento critico e sempre più distaccato nei confronti delle istituzioni multilaterali. Le prime scelte della nuova amministrazione - come del resto già preannunciato durante la campagna elettorale - hanno riguardato il ritiro da accordi internazionali, come l'Accordo di Parigi sul clima, e la riduzione dei contributi finanziari a diverse agenzie Onu. In particolare, il Consiglio per i diritti umani delle nazioni unite (Unhrc), l'Organizzazione delle nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco), e l'Agenzia delle nazioni unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino oriente (Unrwa) sono state oggetto di aspre critiche da parte della nuova amministrazione statunitense, accusate di agire contrariamente agli interessi degli Usa fino alla promozione dell'antisemitismo.1

Tale atteggiamento ha generato un vuoto di leadership che la Cina ha cercato a più riprese di colmare, sia per ragioni di prestigio, sia per consolidare la propria posizione di potenza globale. Negli ultimi anni, Pechino ha infatti investito significativamente nel rafforzamento della propria membership nelle principali organizzazioni intergovernative, così come nella partecipazione sempre più attiva ai forum multilaterali esistenti. Non a caso, la quota cinese nei finanziamenti all'Onu è cresciuta rapidamente e la Repubblica popolare cinese (Rpc) si presenta ad oggi come il primo dei promotori dell'ordine multilaterale, soprattutto in risposta al disimpegno statunitense. In parallelo, la Cina ha ulteriormente rafforzato agli occhi dei paesi del cosiddetto "Sud globale" la propria visione della governance globale, attraverso numerose azioni e iniziative nelle organizzazioni e piattaforme multilaterali al di fuori del contesto Onu, quali l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, il gruppo Brics-plus e la Banca asiatica per gli investimenti e le infrastrutture.

La Cina e l'Onu

Negli ultimi due decenni, la Cina ha sistematicamente rafforzato la propria leadership nelle principali agenzie Onu, riflettendo l'ambizione cinese di lungo termine nel divenire un attore di rilievo per la governance globale. Come risultato, nel 2021 vi erano ben quattro cittadini cinesi a guida di importanti agenzie Onu: Qu Dongyu per l'Organizzazione delle nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), Li Yong, per l'Organizzazione delle nazioni unite per lo sviluppo industriale (Unido), Zhao Houlin per l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu) e Yang Shengjun per l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao).2 La presenza in alcuni tra i più importanti ruoli direzionali consente alla Cina di contribuire nettamente anche e soprattutto alle agende politiche di queste organizzazioni, in particolare nei settori allineati con i propri interessi strategici, come la tecnologia (Itu) e lo sviluppo industriale (Unido). Proprio l'Itu è divenuta nel corso degli anni una organizzazione multilaterale particolarmente strumentale per Pechino, utilizzata con l'obiettivo non solo di rafforzare la presenza ma più in generale l'influenza cinese volta alla promozione di nuovi standard tecnologici a livello globale.3

Tuttavia, da un punto di vista finanziario, è opportuno sottolineare come il contributo della Rpc all'Onu sia andato crescendo di pari passo con lo sviluppo dell'economia cinese. Se negli ultimi anni è aumentato sostanzialmente il contributo obbligatorio della Cina - che ha raggiunto il 15,25% nel ciclo di bilancio ordinario delle Nazioni unite per il biennio 2022-2024 - il contributo volontario di Pechino resta tutto sommato più che modesto, in particolar modo se confrontato con quello di paesi come Usa e Germania.4

Per quello che riguarda agenzie specifiche, la Cina è diventata uno dei principali donatori dell'Unesco, dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e della Fao, con un aumento importante anche per quello che riguarda i finanziamenti volontari. Il cambiamento più rilevante è però relativo alla governance sanitaria globale: con l'uscita degli Stati Uniti dall'Oms - effettiva a partire dal gennaio 2026 - il contributo obbligatorio della Cina aumenterà di oltre $50 milioni - da 87,6 milioni nel 2025 a 137,8 milioni l'anno prossimo - considerato che gli stati membri dell'Oms hanno approvato un ulteriore incremento del 20% dei contributi da parte di tutti i paesi durante l'Assemblea mondiale della sanità (Wha) svoltasi dal 19 al 27 maggio 2025.5 Questo contributo arriverebbe ad essere persino superiore all'ultimo versato dagli Usa, pari a $130 milioni per il 2025.6

Voti e posizionamenti critici della Cina all'Onu

La Rpc, in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ha assunto un ruolo sempre più attivo e strategico nelle dinamiche internazionali, posizionandosi come potenza globale alternativa agli Usa. Questo attivismo è particolarmente evidente nella gestione diplomatica dei due dei conflitti più critici dell'attuale scenario internazionale: la guerra in Ucraina e il conflitto israelo- palestinese. Attraverso il proprio voto nelle diverse risoluzioni all'interno del massimo organo decisionale e dei diversi organismi Onu, Pechino ha delineato una strategia diplomatica che riflette la visione di un ordine mondiale alternativo, improntato al multipolarismo e distante dalle posizioni di voto degli Stati Uniti.

Posizionamento sulla guerra in Ucraina

La posizione della Cina rispetto al conflitto ucraino ha mostrato un'evoluzione significativa dal 2022 ad oggi. Inizialmente, la Rpc ha mantenuto una linea di astensione tout court per le risoluzioni che condannavano l'invasione russa, evitando di accusare apertamente Mosca e criticando altresì le sanzioni unilaterali. È avvenuto nelle risoluzioni del febbraio 2022 nel Consiglio di sicurezza; nel marzo 2022 e febbraio 2023 all'Assemblea generale, mentre durante le votazioni cosiddette "intermedie" Pechino ha manifestato ambiguità tra voti favorevoli e astensione di alcune parti delle diverse risoluzioni. In generale, l'approccio cinese è stato definito come ambiguo e di fatto pro- Mosca da gran parte della comunità internazionale occidentale.

Nel febbraio 2023 Pechino aveva poi presentato un documento in 12 punti sulla Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina, che è stato però accolto con scetticismo dall'Unione Europea (UE), che lo ha definito "selettivo e insufficiente" in quanto "non prende in considerazione chi è l'aggressore e chi è la vittima".7

Un momento significativo si è verificato nel febbraio 2025, quando il Consiglio di sicurezza ha approvato la risoluzione 2774 sull'Ucraina con il voto favorevole di tre membri permanenti sino a quel momento in disaccordo: Cina, Stati Uniti e Russia.8 Questa convergenza rappresenta un evento raro nella dinamica del Consiglio. La risoluzione, proposta dagli Usa, chiedeva la fine del conflitto e l'instaurazione di una pace duratura, ma si distingueva dalle precedenti per un linguaggio più moderato, riferendosi alla situazione come "conflitto Russia-Ucraina" invece di condannare direttamente Mosca.9 In questa occasione, l'ambasciatore cinese all'Onu Fu Cong ha espresso il sostegno di Pechino per la creazione di "un'atmosfera favorevole alla soluzione politica della crisi", sottolineando che "poiché i combattimenti avvengono sul suolo europeo, l'Europa dovrebbe svolgere il proprio ruolo per la pace, affrontando congiuntamente le cause profonde della crisi".10

Questa dichiarazione riflette l'approccio cinese volto a promuovere soluzioni politiche multilaterali, mantenendo allo stesso tempo una posizione che non compromette i rapporti con Mosca.

La credibilità della posizione cinese è stata messa fortemente in discussione nell'aprile 2025, quando l'esercito ucraino ha catturato numerosi cittadini cinesi - circa 150 secondo fonti dell'intelligence ucraina - accusati di combattere a fianco dell'esercito russo nella regione di Donetsk.11 Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, ha rivelato che il numero effettivo di cinesi che combattono contro l'Ucraina parrebbe molto più elevato, sottolineando che questa situazione contraddice le dichiarazioni pubbliche di Pechino sul sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale ucraina.12 Tuttavia, il coinvolgimento ufficiale della Cina appare una questione piuttosto complessa, dato che il "reclutamento" dei soldati avviene per la maggior parte tramite social media quali Douyin (il social cinese cui corrisponde all'estero TikTok), limitando la possibilità di stabilire quale sia la reale influenza governativa nell'invio di soldati cinesi in territorio ucraino.13

Approccio al conflitto israelo-palestinese

Nel contesto del conflitto in Medio Oriente, la Cina ha adottato una posizione molto critica nei confronti degli Usa e di Israele. Nell'ottobre 2023, Pechino ha posto il veto - insieme alla Russia - su una risoluzione proposta dagli Stati Uniti riguardante Gaza, mentre contemporaneamente ha sostenuto una risoluzione russa che chiedeva un immediato "cessate il fuoco", che ha però ricevuto solo quattro voti favorevoli.14 L'attivismo diplomatico cinese sulla questione palestinese si era già manifestato nel maggio 2021, quando il ministro degli Esteri Wang Yi aveva invitato Israele e Palestina a un cessate il fuoco immediato durante una riunione del Consiglio di sicurezza. In quell'occasione, Wang Yi aveva proposto Pechino come sede per avviare negoziati verso una soluzione politica basata sulla formazione di due stati, criticando il veto di Washington ad azioni congiunte delle Onu per attenuare le tensioni a Gaza.15 Nel febbraio 2024, la Cina ha duramente criticato gli Usa per aver posto il veto al tentativo di cessate il fuoco dell'Onu per Gaza, accusando Washington di aver portato la governance globale a un minimo storico.16 La Cina ha poi votato a favore delle risoluzioni a sostegno dell'ingresso della Palestina alle Nazioni unite. In particolare, durante la recente votazione del Consiglio di sicurezza sulla richiesta della Palestina di diventare membro a pieno titolo dell'Onu, votando a favore della bozza di risoluzione ed esprimendo pubblicamente un forte sostegno alla candidatura palestinese.17

Nel giugno 2024 per la risoluzione 2735 del Consiglio di sicurezza proposta dagli Usa che chiedeva ad Hamas di accettare la proposta di un accordo sugli ostaggi e sul cessate il fuoco nella guerra in corso a Gaza, la Cina ha votato a favore (unico paese ad essersi astenuto è stata la Russia). La Cina ha inoltre co-sponsorizzato e votato a favore della risoluzione 55/30 del Consiglio per i diritti umani dell'Onu che riaffermava il diritto della Palestina all'autodeterminazione, riconosceva la sua idoneità a diventare membro a pieno titolo dell'Onu e raccomandava al Consiglio di sicurezza di riesaminare la richiesta (unici voti contrari: Usa e Paraguay).18 I funzionari cinesi hanno più volte sottolineato che la Palestina dovrebbe avere lo stesso status di Israele all'Onu, criticando l'utilizzo del veto per bloccare l'adesione palestinese, invitando la comunità internazionale a sostenere la soluzione dei due stati e una pace duratura in Medio oriente.

Questa retorica riflette il tentativo cinese di presentarsi come difensore dei diritti dei palestinesi e come attore responsabile sulla scena internazionale, in contrasto con l'approccio statunitense percepito come ambiguo e parziale. L'approccio della Cina alle crisi in Ucraina e Gaza riflette una strategia diplomatica più ampia volta a incrementare l'attivismo cinese all'interno del sistema di istituzioni dell'Onu, in particolar modo a seguito del recente disimpegno statunitense. Pechino intende presentarsi come un attore responsabile, proponendosi come mediatore di pace e sostenendo soluzioni politiche basate sul dialogo multilaterale. Questa strategia risponde all'ambizione cinese di ritagliarsi un ruolo di leadership alternativo a Washington nel sistema internazionale. Attraverso il proprio attivismo diplomatico, la Cina cerca di rispondere alle critiche mosse da altri attori internazionali, in primis l'UE, riguardo alla necessità per la Rpc di assumersi responsabilità politiche commisurate al suo status di grande potenza.

L'azione cinese nelle organizzazioni multilaterali non-Onu

Negli ultimi anni, la Cina ha intensificato la propria presenza e attivismo anche nelle organizzazioni multilaterali al di fuori dell'Onu, consolidando il proprio ruolo di potenza globale con l'obiettivo di promuovere un ordine internazionale sempre più multipolare, e improntato alla promozione di quello che l'amministrazione Xi Jinping definisce un "vero multilateralismo" (true multilateralism).19 In particolare, tra il 2024 e il 2025, Pechino ha rafforzato l'influenza in tre organizzazioni/iniziative: l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), il gruppo Brics e la Banca asiatica per gli investimenti e le infrastrutture (Aiib). Tali piattaforme rappresentano non solo strumenti di cooperazione economica e di sicurezza, ma anche leve strategiche utilizzate da Pechino per promuovere una governance globale alternativa ai modelli occidentali. Agli occhi della leadership cinese, non si tratta solo dell'utilizzo di strumenti di proiezione di potenza, ma veri e propri progetti multilaterali volti alla promozione di nuove regole e pratiche di cooperazione internazionale. Tuttavia, la crescente influenza cinese è accompagnata da non poche sfide e resistenze, sia da parte di altri attori emergenti - quali l'India ad esempio - sia da parte delle potenze occidentali. Il futuro della governance globale dipenderà dunque dalla capacità della Cina di bilanciare ambizioni nazionali e responsabilità multilaterali, promuovendo un ordine internazionale più inclusivo ma anche, forse, più competitivo.

Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco): sicurezza e dialogo eurasiatico

La Sco, istituita nel 2001, è diventata negli anni la principale piattaforma di dialogo e cooperazione per la sicurezza in Eurasia. Nel biennio 2024-2025, la Cina ha sfruttato la presidenza di turno per rafforzare il coordinamento tra i paesi membri (tra cui Russia, India, Pakistan, Kazakistan e, dal 2023, anche Iran) su questioni di sicurezza regionale, lotta al terrorismo e gestione delle crisi.20 Pechino ha promosso esercitazioni militari congiunte e lo scambio di intelligence contro le minacce terroristiche, soprattutto in Asia centrale. Dal 26 al 27 marzo 2025 si è inoltre tenuto il primo incontro degli Organi di cooperazione militare internazionale degli stati membri della Sco nella città di Qingdao, nella provincia orientale cinese dello Shandong.21

Ancora nel 2024, la Cina si è proposta come mediatore tra India e Pakistan su questioni di confine e ha sostenuto la stabilizzazione dell'Afghanistan, promuovendo il dialogo con il governo talebano per evitare il rischio di spillover terroristici.22 La Cina ha altresì spinto per una maggiore integrazione economica tra i membri Sco, favorendo progetti infrastrutturali e digitali che rafforzano la connettività eurasiatica, in linea con la strategia della Belt and road initiative. Il presidente Xi Jinping ha pronunciato un discorso programmatico nel luglio del 2024 in cui ha sottolineato l'importanza del cosiddetto "spirito di Shanghai", fondato sui principi di rispetto reciproco, sovranità nazionale, non ingerenza e risoluzione pacifica delle controversie.23 Nel discorso di Xi Jinping è stata proposta la designazione del 2025 come "Anno dello Sco per lo sviluppo sostenibile", in linea con gli interessi della leadership cinese nel promuovere tematiche relative all'ambiente in tutte le piattaforme multilaterali a guida cinese.24 È stata anche proposta l'istituzione di un'alleanza per l'educazione digitale, finalizzata a offrire formazione tecnologica e digitale a tutti gli stati membri, rafforzando così la cooperazione tecnologica e l'inclusione digitale.25

L'allargamento dei Brics

Pur non trattandosi di una organizzazione internazionale intergovernativa nel senso tradizionale del termine, la piattaforma dei paesi Brics resta fondamentale per comprendere il ruolo giocato dalla Cina nei contesti multilaterali non-occidentali. Nel biennio 2024-2025, la Cina ha consolidato e ampliato il proprio ruolo centrale all'interno dei Brics, soprattutto in occasione del vertice tenutosi in Russia, a Kazan nel 2024, il primo dopo l'allargamento storico del gruppo da cinque a dieci membri.26 Il summit ha rappresentato un momento cruciale per ridefinire le priorità strategiche del blocco e per rafforzare la posizione di Pechino come principale motore economico, politico e diplomatico della coalizione. La Cina vede nei Brics uno strumento per promuovere una governance globale più multipolare e meno dominata dall'occidente, Stati Uniti in primis. Di fatto, Pechino considera il gruppo come un "ponte strategico" per aggregare e coordinare le posizioni dei paesi del Sud globale, rafforzando così la propria influenza e la capacità di incidere sulle regole dell'ordine internazionale. L'espansione dei Brics, fortemente sostenuta dalla Cina, mira a trasformare il blocco in una piattaforma inclusiva e rappresentativa, capace di attrarre nuove economie emergenti e di rafforzare la voce collettiva dei paesi non occidentali. Durante il summit di Kazan, il presidente Xi Jinping ha riaffermato l'impegno della Cina per una cooperazione win- win e per lo sviluppo di progetti comuni in ambito economico, finanziario, tecnologico e infrastrutturale. Xi ha sottolineato l'importanza di rafforzare i meccanismi di coordinamento tra i membri, promuovere l'innovazione e sostenere la crescita inclusiva, in linea con le priorità cinesi di sviluppo, sicurezza e influenza normativa. Uno dei temi centrali del vertice è stato il ruolo della New development bank (Ndb), la banca multilaterale fondata dai Brics e con sede a Shanghai. La Cina ha spinto per un rafforzamento della Ndb come alternativa ai tradizionali istituti finanziari occidentali, promuovendo finanziamenti per infrastrutture, energia pulita, protezione ambientale e digitalizzazione nei paesi membri e partner.

Dal punto di vista economico, la Cina rappresenta circa i due terzi del prodotto interno lordo (Pil) aggregato dei Brics e domina gli scambi commerciali intra-blocco. È il principale partner commerciale per tutti i membri, inclusi i nuovi entrati come Egitto, Etiopia, Emirati arabi uniti, Arabia Saudita e Iran. Pechino ha anche promosso con forza la strategia di cosiddetta "de- dollarizzazione", spingendo per l'uso delle valute locali negli scambi e per una maggiore internazionalizzazione dello yuan. Questo approccio mira a ridurre la dipendenza dal sistema finanziario occidentale - statunitense in realtà - e a rafforzare la resilienza del blocco di fronte a possibili sanzioni o crisi globali. Il vertice di Kazan ha confermato la centralità della Cina nei Brics, sia come promotore dell'allargamento sia come principale motore economico e diplomatico del gruppo. Di fatto, Pechino utilizza i Brics per rafforzare il proprio ruolo globale, promuovere una governance internazionale più inclusiva e offrire alternative concrete ai modelli occidentali, soprattutto in ambito finanziario e infrastrutturale. Tuttavia, la crescente eterogeneità del blocco e le rivalità interne rappresentano una sfida per la leadership cinese, che dovrà dimostrare capacità di mediazione e adattamento in un contesto globale sempre più competitivo.

La Banca asiatica per le infrastrutture e gli investimenti

Una questione chiave nel dibattito globale è se la Cina utilizzi l'Aiib come strumento di influenza geopolitica. Ricerche recenti indicano che, nella pratica, le decisioni di co-finanziamento dei progetti dell'Aiib sono guidate da fattori apolitici quali costi e rischi del progetto, piuttosto che dall'allineamento politico dei paesi beneficiari con la Cina.27 Quando co-finanzia progetti con istituzioni come la Banca Mondiale o la Banca asiatica di sviluppo (Adb), l'Aiib spesso si adegua ai loro standard più rigorosi, suggerendo un approccio pragmatico che privilegia la credibilità e la gestione del rischio. E tuttavia, la gestione cinese della Aiib fa parte di una strategia più ampia per migliorare la sua posizione globale e offrire alternative alle istituzioni di Bretton Woods, soprattutto in un contesto di lente riforme della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale. Fondando e guidando l'Aiib, la Cina ha creato una nuova piattaforma per presentare la propria visione della governance economica globale.28 L'indipendenza percepita e l'efficacia dell'Aiib sono cruciali per la reputazione della Cina: se la banca è vista come un promotore equo e proattivo dello sviluppo, rafforza l'immagine di Pechino come leader globale responsabile; se invece è percepita come uno strumento della politica cinese, rischia di alimentare lo scetticismo in Occidente. La missione della banca, ovvero "finanziare le infrastrutture per il domani", si allinea strettamente con la filosofia di sviluppo verde della leadership cinese, che enfatizza investimenti sistematici e a lungo termine nelle infrastrutture come motore di crescita economica e integrazione regionale. Non a caso, proprio nel dicembre 2024 la Aiib ha firmato un accordo di contributo con la Cina, confermando un contributo di $300 milioni al Fondo speciale della banca destinato ai paesi in via di sviluppo.29

Guerra commerciale e dazi dopo la rielezione di Trump: il caso dell'Organizzazione mondiale del commercio

La politica di Donald Trump a seguito della rielezione del 2024 continuerà ad avere un impatto significativo sul ruolo della Cina nelle organizzazioni multilaterali, modificandone dinamiche, strategie e posizionamenti internazionali. L'approccio trumpiano, caratterizzato da un forte nazionalismo economico, protezionismo e disimpegno dalle istituzioni multilaterali tradizionali, ha creato un contesto di competizione e frammentazione che la Cina sta cercando di sfruttare per rafforzare la propria influenza politica e soprattutto economica a livello globale.

In tale contesto, anche la guerra commerciale e le misure protezionistiche introdotte da Trump, con dazi elevati e tentativi di isolare la Cina dal sistema economico globale, hanno spinto Pechino a diversificare i propri rapporti bilaterali e multilaterali. La Cina ha intensificato la cooperazione con altri grandi blocchi emergenti, come i Brics e i paesi dello Sco, e ha rafforzato istituzioni finanziarie alternative come la Aiib. Questi organismi rappresentano per Pechino gli strumenti per costruire un ordine multipolare e meno dipendente dall'egemonia occidentale.

Ma la guerra commerciale si è intensificata anche dentro alle organizzazioni economiche tradizionali. Dall'inizio del secondo mandato di Trump, il ruolo della Cina all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) è stato fortemente influenzato dalla politica commerciale aggressiva e protezionistica dell'amministrazione statunitense, che ha portato a un'escalation di tensioni commerciali e a un significativo impatto sulle dinamiche multilaterali del commercio globale.30

Trump ha adottato un approccio per alcuni versi quasi imprevedibile nei confronti della Cina, imponendo dazi molto elevati sulle importazioni cinesi, che sono arrivati fino al 145% su alcune categorie di prodotti. Questi dazi hanno avuto come risultato una risposta diretta nelle misure di ritorsione cinesi, con dazi reciproci che hanno colpito in particolare prodotti agricoli statunitensi come soia, mais e sorgo, settori chiave per l'export statunitense.31 La Cina ha denunciato pubblicamente che questi dazi "violano gravemente le regole del commercio internazionale" e costituiscono un atto di "bullismo e coercizione unilaterale".32

In risposta alle azioni statunitensi, la Cina ha fatto ricorso più volte al meccanismo di risoluzione delle controversie dell'Omc, contestando la legittimità dei dazi imposti da Washington e sottolineando la necessità di rispettare le regole multilaterali del commercio. Tuttavia, la crescente politicizzazione delle relazioni commerciali tra le due potenze sottolinea la difficoltà dell'Omc di fungere da arbitro neutrale, evidenziando limiti strutturali dell'organizzazione in un contesto di rivalità geopolitica intensa.33

Il protezionismo statunitense ha inoltre rallentato la crescita del commercio globale nel 2025, come previsto dalla stessa Omc, che ha segnalato un aumento delle esportazioni cinesi verso l'Europa, compensando in parte le difficoltà sul mercato statunitensi. Questo spostamento ha rafforzato la posizione della Cina come hub commerciale alternativo ma ha anche accentuato le tensioni con gli Usa, che hanno ulteriormente limitato gli investimenti cinesi in settori strategici tramite misure di sicurezza nazionale.

Nonostante le difficoltà, la Cina ha continuato a sostenere la narrazione di un sistema multilaterale con l'Omc come piattaforma fondamentale per la regolazione del commercio internazionale, contrapponendosi alla politica unilaterale e protezionistica statunitense.34 Pechino ha promosso una maggiore cooperazione con altri paesi emergenti e con i membri del gruppo Brics, cercando di costruire un fronte comune per riformare e rafforzare l'Omc, adattandolo alle nuove realtà economiche globali e limitando l'egemonia occidentale. Possiamo dunque affermare che durante il secondo mandato Trump la Cina ha svolto un ruolo ambivalente anche nel contesto dell'Omc: da un lato, ha subito pressioni e dazi punitivi che hanno complicato le sue esportazioni e relazioni commerciali; dall'altro, ha sfruttato le tensioni per rafforzare la propria leadership tra i paesi emergenti e per promuovere un ordine commerciale multilaterale più inclusivo e meno dominato dagli Usa. La crescente politicizzazione del commercio e il protezionismo statunitense hanno messo in crisi il funzionamento del Omc, aprendo la strada a un possibile riassetto delle regole commerciali globali, in cui la Cina cercherà di giocare un ruolo sempre più centrale.

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1"Withdrawing the United States from an ending funding to certain United Nations organizations and reviewing United States support to all international organizations", The White House, 4 febbraio 2025.

2 S. Menegazzi, La Cina e la Politica Globale. Tra Cambiamento e Continuità . Milano: Mondadori, 2023.

3 G. Negro (2023), "China and the ITU: A History of Standards", Global Governance: A Review of Multilateralism and International Organizations, 29(3), 367-391.

4 X. Zhang, Y. Jing, "A mixed funding pattern: China's exercise of power within the United Nations", Global Policy, 15(Suppl. 2), 121-134, 23 maggio 2024.

5 "Seventy-eight World Health Assembly concludes: historic outcomes, consequential highlights", World Health Organization, 28 maggio 2025.

6 "Assessed contributions: draft calculations for the year 2026", World Health Organization, Executive Board 156th session, 8 febbraio 2025.

7 F. Baccini, "L'UE studia il documento della Cina sulla soluzione politica alla crisi ucraina: 'Non è piano di pace, ma principi politici', EUnews, 24 febbraio 2023.

8 "With 10 Votes in Favour, 5 Abstentions, Security Council Adopts Resolution 2774 (2025) Mourning Loss of Life, as Russian Federation's Invasion of Ukraine Enters Fourth Year", UN Meeting Coverages and Press Releases, 24 febbraio 2025.

9 A. Roth, O. Holmes, "Kremlin welcomes 'more balanced' US stance on Ukraine after UN vote', The Guardian, 25 febbraio 2025.

10 Z. Zhao, "Chinese envoy urges 'favourable atmosphere' for Ukraine peace after UN resolution vote", South China Morning Post, 25 febbraio 2025.

11 V. Butenko, S. Vlasova, L. Kent e B. Stockwell, "Ukrainian intelligence has identified 155 Chinese citizens fighting for Russia, Zelensky's said", CNN, 10 aprile 2025.

12 D. Vialko, "Ukraine's National Security Council comments on involvement of Chinese military in war", RBC-UKRAINE, 8 aprile 2025.

13 "Meet the Chinese soldiers fighting in Russia's army", Spiegel International, 28 aprile 2025.

14 "Gaza, veti incrociati al Consiglio di Sicurezza", RSI, 25 ottobre 2023.

15 "End the Fighting and Violence Immediately and Uphold Equity and Justice", Ministry of Foreign Affairs People's Republic of China, 17 maggio 2021.

16 A. Durbin, "Israel Gaza: China condemns US veto of call for immediate ceasefire at UN", BBC, 21 febbraio 2024.

17 "Security Council Fails to Recommend Full United Nations Membership for State of Palestine, Owing to Veto Cast by United States", UN Meeting Coverages and Press Releases, 18 aprile 2024.

18 M. Castellaneta, 'Palestina: il Consiglio per i diritti umani invoca il rispetto per il diritto all'autodeterminazione', Affari Internazionali, 24 aprile 2025.

19 "Remarks by H.E. Wang Yi at the United Nations Security Council High-Level Meeting "Practicing Multilateralism, Reforming and Improving Global Governance", Ministry of Foreign Affairs The People's Republic of China, 19 Febbraio 2025.

20"Joint Communique of the twenty-third Meeting of the Council of Heads of Government of Member States of the Shanghai Cooperation Organization", The Shanghai Cooperation Organization, 16 ottobre 2024.

21"Chinese defense ministry to host meeting of international military cooperation organs of SCO member states: Defense Spokesperson", Ministry of National Defense of the People's Republic of China, 14 marzo 2025.

22 N. Barthwal, "Key Takeaways From the Islamabad SCO Summit", The Diplomat, 22 ottobre 2024.

23 "Full text of Xi Jinping's Speech at 'Shanghai Cooperation Organization Plus" Meeting in Astana", The State Council of The People's Republic of China, 4 luglio 2024.

24 "SCO Forum on Green Development in Qingdao", The Shanghai Cooperation Organization, 8 luglio 2024.

25 "Vice Minister Wu Yan addresses SCO University Coordination Committee Meeting", Ministry of Education, People's Republic of China, 26 aprile 2025.

26 Rispetto ai cinque tradizionali paesi membri dei BRICS (Brasile, Russia, Italia, Cina e Sud Africa), nel biennio 2024-2025 cinque nuovi membri ufficiali sono entrati a far parte del gruppo: Etiopia, Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti e Indonesia.

27 R. Wang, "Instrument of Influence? Assessing the impact of the Asian Infrastructure Investment Bank", Research Paper No. 2025-0, MIT Political Science Department, 27 febbraio 2025.

28 Menegazzi, (2017),

29 "China contributes USD300M to AIIB Special Fund Window for Less Developed Members", Asian Infrastructure and Investment Bank, 16 dicembre 2024.

30 C.P. Brown, "Trump's trade war timeline 2.0: An up-to-date guide", Peterson Institute for International Economics, 29 aprile 2025.

31 "Soya beans: China and EU's secret weapon against Trump's tariff wars?", Explainer, AlJazeera, 9 aprile 2025.

32 O. Al Yahyai, "China accuses US of 'economic bullying' as tariff dispute escalates", Euronews, 7 aprile 2024.

33 M. Linscott, "Trump's "reciprocal" tariffs took root in the WTO's failings", Hinrich Foundation, 11 febbraio 2025.34 "BRICS Nations condem US tariff policy, call for United Front against Unilateralism", Sri Lanka Guardian, 13 aprile 2025

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