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07/09/2025 | Press release | Distributed by Public on 07/10/2025 04:34

Podcast Storie di Brand | Superga

SUPERGA®, La scarpa degli italiani

Quando il sole picchia forte, la terra rossa dei campi da tennis diventa dura come il cemento. La pallina schizza via lasciando dietro di sé una nuvoletta di polvere. Tutto diventa più veloce, i tennisti corrono da una parte all'altra del campo, scivolando in frenata e cambiano direzione all'improvviso.

A Torino c'è il sole e una ragazza dalla pelle bianchissima sta danzando con in mano la sua racchetta proprio su uno di quei campi scaldati dal sole. Si muove con grazia felina anticipando con lo sguardo l'arrivo della pallina. Il vestito bianco svolazza a ogni cambiamento di direzione mentre i capelli sono raccolti sulla nuca.

La partita è intensa. Il campo è privato, ma il poco pubblico riunito attorno al rettangolo di gioco segue rapito gli scambi tra la giocatrice e la sua rivale.

La pallina scagliata dalla rivale si stampa sul nastro rimanendo per un secondo a mezz'aria. Il dubbio amletico: da che parte cadrà? La ragazza legge la traiettoria e si lancia in avanti per gettarsi sotto rete, la racchetta protesa in avanti, ma purtroppo qualcosa non va come dovrebbe.

Il piede scivola e la ragazza cade rovinosamente sulla terra rossa.
Una nuvola di polvere si alza confondendo la sagoma del suo corpo.

La ragazza ancora sdraiata punta gli occhi verso il suo piede sinistro.

Ma chi è quella ragazza? Cosa le è successo e perché è così importante per la nostra storia?


Max Corona presenta "Storie di Brand", un entusuasmante viaggio back to the future alla scoperta delle storie che si nascondono dietro i marchi più famosi.

Bentornati su "Storie di Brand", il podcast che va a rivivere le pazze avventure che si nascondono dietro i marchi più famosi. Quello di oggi è un episodio molto particolare, che racchiude molto della nostra storia come italiani. La scarpa che forse più di tutte rappresenta il paese, semplice ma inimitabile: la Superga. Un brand che ha accompagnato milioni di italiani e non solo. Io stesso ricordo di aver imparato ad allacciarmi le scarpe da bambino proprio esercitandomi su un paio di Superga.

Non è solo la storia di una scarpa, ma quella di un "foglio bianco" che prende la personalità di chi lo indossa. La nostra storia è cominciata da un campo da tennis di inizio novecento e da una ragazza che cade rovinosamente. Ma chi è? Per scoprirlo dobbiamo rimanere a Torino, ma cominciare la nostra storia con un'azienda che non ha niente a che fare con il tennis e da una consegna un po' in ritardo…

Torino, 1913.

Un camion spossato sobbalza su una strada dissestata, avanza incerto, affaticato dal lungo viaggio.

A bordo del mezzo che arranca ci sono due uomini stipati nella cabina, sudati e nervosi, uno brandisce il volante largo e sottile, l'altro che guarda e riguarda nervosamente un foglio sgualcito.

Voce camionista: E non mi coprire con la cartina! Allora dove diavolo dobbiamo andare?!
Voce collega: Qui dice Società Anonima Wal..Wal…ter Martiny Industria Gomma…
Voce camionista: Ora dimmi come diavolo fa qualcuno a chiamare la sua azienda con un nome così lungo? Finisci di pronunciarlo e siamo già arrivati ad Asti!

Il guidatore esasperato caccia fuori la testa dal finestrino cercando di attirare l'attenzione di un operaio che proprio in quel momento sta venendo nella direzione opposta a cavallo della sua bicicletta.

Voce collega: Scusi! Sa dov'è la fabbrica di Walter Martiny? Quella della…gomma

L'operaio lo interrompe con un sorriso stanco e senza proferire parola, con un gesto ampio del braccio indica in alto. I due uomini seguono il dito e vedono che punta in cima ad una collina dove svetta un'enorme basilica con una cupola e due torri ai lati.

Operaio: Dovete andare alla Superga, prima di arrivare su trovate la fabbrica del sig. Martiny.

I due sul camion annuiscono e si mettono in marcia. Superga eh? Il camion comincia ad arrampicarsi sulla salita finché dietro una curva eccola qui, la Società Anonima Walter Martiny industria Gomma e ad attenderli proprio lui, il signor Martiny in persona… camicia sgualcita e maniche tirate su, pantaloni sporchi di olio, occhiali sottili che coprono uno sguardo impaziente ed esigente. Ad ampi gesti fa segno al camion di entrare nel parcheggio. I due a bordo si guardano perplessi… ma chi diavolo è questo Walter Martiny?

Walter Martiny nasce il 25 maggio 1887 a Torino da una famiglia piuttosto agiata. Walter si dimostra fin da subito un giovane molto attivo e lungimirante, ad appena sedici anni investe una piccola somma donatagli dai genitori in una fabbrica per la realizzazione della gomma vulcanizzata, una cosa davvero all'avanguardia per l'epoca. La vulcanizzazione è un processo che rende la gomma naturale, quella che si estrae dagli alberi di caucciù utile per svariati usi. La gomma naturale è morbida appiccicosa e si indurisce con il freddo diventando fragile, la vulcanizzazione inventata da Goodyear nel 1844 rende questo materiale incredibilmente versatile non solo per fare pneumatici ma più o meno qualsiasi cosa.

Quelli sono anni di grande fermento intorno a questo materiale delle meraviglie. Qualche anno prima a Milano è nata la Pirelli e Walter capisce il potenziale economico della gomma.

Decide così di puntare sui pneumatici, cominciando a depositare brevetti su brevetti. Nel suo laboratorio sotto la basilica di Superga lavora senza sosta, investendo tutti i ricavi in nuove linee produttive. L'Italia è appena nata e ha bisogno di tutta la gomma possibile. Walter è un tecnico e beh, non è molto interessato all'apparenza. Quando arriva il momento di dare un nome alla sua azienda, non va tanto per il sottile, scegliendo un nome lunghissimo che nessuno riesce mai a pronunciare, quasi…futurista: Società Anonima Walter Martiny Industria Gomma. Un nome che nella sua testa suona moderno, ma che non tarda a causare i primi problemi. I camion fanno fatica a trovare la sede. I torinesi però, popolo pratico, trovano una soluzione più semplice. Gli operai dicono "ho trovato lavoro alla Superga"; "dobbiamo andare alla Superga" facendo riferimento al santuario che sorge lì vicino.

Come detto la fabbrica di Walter padroneggia la gomma vulcanizzata, anche se gli affari non vanno benissimo. La concorrenza della Pirelli è spietata e biciclette e automobili non sono ancora così diffuse. Un pomeriggio Walter si avventura nei campi intorno alla città in cerca di ispirazione. Deve assolutamente trovare un nuovo mercato per la sua gommai. Il sole è alto e Walter, stanco e sudato si siede sotto un salice accanto ad un campo dove dei contadini stanno lavorando.

Guardando quelle donne e uomini con il viso bruciato dal sole e i piedi scalzi a mollo nel fango Walter viene attraversato da un'idea.
I contadini lavorano a piedi nudi o, nella migliore delle ipotesi, con pesanti zoccoli di legno. D'inverno, quando il terreno è intriso di fango e umidità, è uno spettacolo pietoso. Piedi gonfi, tagliati, malati. Uomini e donne che si ammalano per colpa di scarpe inadeguate, permeabili e non isolanti.

Walter corre in fabbrica, estrae un grosso pezzo di gomma invenduta e la comincia a sagomare e tagliare

Dopo un intero pomeriggio di prove ecco lì il primo stivale Superga, impermeabile e adatto a tutti gli italiani e italiane che lavorano nei campi. Un prodotto che sembra banale, ma che cambierà la vita di migliaia di persone. La Società industrie tess.. ehm la Superga è salva!

I primi stivali Superga escono dalla fabbrica nel 1912. Sono goffi, pesanti, certamente non eleganti. Ma funzionano. Proteggono i piedi dall'umidità, dal fango e dalle pietre taglienti.

Il successo è immediato e travolgente. I contadini piemontesi fanno la fila per comprare quei miracolosi stivali di gomma. Persino il Regno d'Italia se ne accorge e decide di sovvenzionare la produzione, fornendoli anche alle forze di polizia. È quasi una rivoluzione industriale in piccolo.

È il primo prodotto davvero utile per gli italiani comuni, un oggetto democratico che non guarda al ceto sociale, ma solo all'utilità pratica. Dal canto suo Walter Martiny non è ancora soddisfatto. Certo ha fatto qualcosa di utile per i lavoratori ma serve qualcosa per tutti indistintamente. Ma cosa può essere?

Torino, primavera 1924.

In uno dei caffè più eleganti di via Po, un uomo siede da solo a un tavolo d'angolo. Il volto coperto dal giornale. È Walter che fa colazione e controlla gli articoli di economia prima di recarsi in azienda. Qualche volta i suoi occhi fanno capolino sbucando fuori dal bordo del quotidiano per posarsi su qualcosa di più distante e completamente diverso dalle cifre aziendali… una donna, seduta in fondo al locale. È elegante, indipendente, ha qualcosa di moderno che la distingue dalle altre signore della borghesia torinese. E poi è davvero bellissima! Accortasi dello sguardo di Walter risponde e il nostro protagonista che colto in flagrante abbassa lo sguardo immergendosi nell'articolo che ha appena letto.

Passano parecchi minuti prima che Walter abbia il coraggio di alzare di nuovo lo sguardo. La pelle bianca e il sorriso sincero, tiene in mano una sacca dalla quale spunta il manico di una racchetta da tennis. La ragazza si alza e spavalda viene verso Walter, il quale abbassa subito lo sguardo, ma ormai è in trappola.

Miss: Good morning, lei gioca a tennis? Le va di accompagnarmi al campo?

Walter, completamente colto di sorpresa da quell'invito, annuisce senza fiato. Silenzioso le corre dietro verso il campo sportivo del club. Nel tragitto scopre che quell'accento inglese non è un caso: è la figlia di un industriale britannico e abita a Torino da qualche anno. In Inghilterra tutti giocano a tennis e anche lei è una discreta giocatrice.

A Torino quel giorno fa molto caldo, non c'è una nuvola e i campi in terra battuta sembrano fatti di cemento. Walter, si accomoda su una delle poche sedia posizionate attorno al campo per godersi la partita insieme ad altri pochi curiosi. Se vi ricordate il nostro viaggio di oggi è cominciato proprio da qui: da una ragazza, un campo in terra battuta, una palla sulla rete e…una rovinosa caduta.

A cadere è stata proprio lei. Walter preoccupato le corre incontro e la aiuta a rialzarsi, il completo bianco imbrattato di terra rossa. La donna si toglie le scarpe e le getta per terra, frustrata.

Miss: Walter, watch…Tre partite e sono già da buttare. Scarpe in corda, possibile che non esistano di più resistenti!?

Walter la guarda andare via arrabbiata e lui raccoglie quelle scarpe da tennis ormai inutilizzabili. La suola in corda è completamente consumata e staccata. Era stata lei a causare la caduta.

Walter si gira verso quella ragazza che ha subito ripreso il sorriso che si dirige fuori dal campo a piedi scalzi. Una donna che ha appena conosciuto, ma che occupa già uno spazio importante nella sua mente e soprattutto nel suo cuore. Ora la cosa che può fare è cogliere la sua attenzione. E forse quelle scarpe tutte rotte possono dargli l'unica cosa che gli serve: un'occasione.

Walter quella sera non torna a casa ma va dritto in azienda. Entra nel laboratorio completamente vuoto ed estrae quella scarpa di corda dalla borsa. Ok, deve trovare una soluzione, deve creare una scarpa più resistente e comoda. Non dorme, circondato da fogli, matite e campioni di gomma.

Il problema principale è la suola. Deve essere resistente ma non troppo pesante, deve avere aderenza sulla terra rossa, ma non essere troppo ruvida. E poi c'è la tomaia: deve proteggere il piede ma permettere la traspirazione. Prova, sbaglia, ricomincia. Disegna suole con pattern diversi, sperimenta con mescole di gomma di varie densità. L'unica cosa che gli interessa è quella scarpa e il sorriso di quella donna inglese che lo tiene sveglio la notte.

Dopo settimane di esperimenti, Walter ha finalmente in mano il primo prototipo. La suola ovviamente è in gomma vulcanizzata, ma con una texture particolare: piccole scanalature che garantiscono aderenza senza essere troppo aggressive. La tomaia è in tela resistente, cucita con precisione artigianale. Sembra robusta, ma è anche piuttosto... essenziale.
Quel pomeriggio va in quello stesso campo da tennis dove sa che troverà lei. L'emozione ancora una volta gli gioca brutti scherzi.

Miss: Walter! Cosa ci fai qui, cosa mi hai portato?

Walter è troppo emozionato, estrae le scarpe da sotto il cappotto e gliele allunga abbozzando un sorriso imbarazzato.

Walter Martiny: Se le vuoi provare,… le ho fatte per te…una sciocchezza…dovrebbero andare meglio…

La ragazza lo guarda dritto negli occhi e lo abbraccia.

Miss: Grazie! le provo subito

Walter ancora una volta ci ha visto giusto. La prima partita è una rivelazione. La scarpa aderisce perfettamente alla terra rossa, si deforma, ma non si strappa. E soprattutto a fine partita le scarpe sono ancora perfettamente integre.

Miss: Non sento neanche di averle ai piedi! Ahah! Good job honey!

E nel dirlo gli regala un bacio veloce sulla guancia. Walter è paralizzato, è più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Ma questo è solo l'inizio.

I due si sposano meno di un anno dopo, e per Walter quelle scarpe diventano una vera ossessione. Sua moglie le usa per giocare a tennis e tutti gliele invidiano, ma se vanno bene per la terra rossa, perché non potrebbero andare bene per qualsiasi altra cosa?

La prima scarpa da tennis Superga esce dalla fabbrica nel 1925. È bianca, essenziale, senza fronzoli. Ma funziona. E questo, per Walter Martiny, è tutto quello che conta. Non immagina ancora che quella scarpa bianca e semplice diventerà un'icona per un intero popolo. Il successo è immediato e travolgente.

Su quaranta milioni di italiani, Superga arriverà a vendere tredici milioni di scarpe. Un nome che comincia a comparire anche sulle stesse scarpe. Un successo che nessuno aveva previsto, nemmeno lui. Non sono più solo scarpe da tennis. Le 2750 diventano istintivamente un classico, la loro essenzialità, e comodità lasciano spazio a qualsiasi utilizzo. C'è chi le usa in barca, chi in campagna, tutti ne hanno un paio e i guadagni della Superga, anche grazie alle commesse statali, schizzano alle stelle.

Purtroppo quelli sono anni bui per l'Europa, la seconda guerra mondiale è alle porte e anche la Superga deve interrompere la produzione di scarpe di tela per concentrarsi su gomme e stivali utili al conflitto.

Walter e la Superga escono sconvolti dalla guerra. Martiny ha ormai quasi settant'anni e insieme alla moglie hanno attraversato molte avventure. La sua creatura, quella fabbrica dal nome troppo lungo per essere ricordato, ha servito il Paese e gli italiani, ma ora sente di non poter più continuare. La rivale di una vita, La Pirelli di Milano, avanza un'offerta di acquisizione e nel 1951 Walter cede alle lusinghe del gigante per passare gli ultimi anni di vita con sua moglie in un a casa tra le colline piemontesi. Sia Walter che sua moglie moriranno pochi anni dopo nel 1957. Ma la loro eredità ha ancora una storia tutta da scrivere.

Il boom economico arriva come un uragano sulla società italiana, le scarpe Superga sono versatili, comode ed essenziali, democratiche, le usano tutti dai ricchi in barca ai ragazzi nelle strade. Dagli studenti ai professori, è una scarpa essenziale, una tela bianca che prende l'identità di chi la indossa, c'è chi le ha intrise di salsedine, chi con qualche macchia di pittura o ancora coperte di terra rosa. Ognuno le vive come vuole senza dimenticare il suo primo amore: il tennis.

Nel mondo del tennis, Superga diventa il riferimento assoluto. Nel 1976, Adriano Panatta vince le tre più grandi competizioni con ai piedi le sue amate Superga: Internazionali di Roma, Roland Garros e Coppa Davis. È l'apoteosi di un sogno scaturito da un amore nato su un campo di terra rossa torinese.

Nasce anche la linea Superga Sport, accompagnata da un nuovo logo "a coda di rondine" che diventerà immediatamente riconoscibile in tutto il mondo.

Purtroppo sotto la gestione Pirelli, Superga cambia volto. Diventa un marchio tra i tanti nella multinazionale milanese. I manager pensano alla produzione di massa, ai costi, ai mercati internazionali. Ma perdono di vista l'anima del prodotto.
Quello che perdono di vista è proprio ciò che aveva reso speciali quelle scarpe: l'attenzione al dettaglio, il legame emotivo con chi le indossa.
Le vendite calano, il brand perde identità. Superga sembra destinata all'oblio, a diventare un ricordo nostalgico di un'Italia che non c'è più. Un'Italia che sembra trasformarsi troppo in fretta, ogni anno che passa, senza sapere più bene che cosa sia.

Anni 60-70-80…anni diversi, gusti diversi, mode diverse…Finché nel 2004 la svolta. Superga, nome di una basilica e di una scarpa è un marchio morente. Ma un imprenditore lungimirante capisce che quella scarpa così essenziale è parte stessa della nostra cultura e può ancora dire qualcosa.
Marco Boglione, già a capo di Kappa, decide di acquisire il brand che nel 2007 e così passa sotto BasicNet.

Marco osserva una scarpa Superga bianca, nuova di zecca. È pulita, essenziale, senza fronzoli. Senza età. Come un foglio bianco. Non impone uno stile, non detta una moda. Si adatta a chi la indossa, assorbe la sua personalità, diventa parte della sua storia. Pulita solo il primo giorno, poi si trasforma. Accoglie e immortala un po' la vita di chi la porta: fango dalle passeggiate in campagna, polvere dalle strade cittadine, graffi dalle avventure, ricordi dei viaggi. Ogni scarpa Superga racconta una storia diversa. È questo il segreto della sua longevità: non essere mai invadente, ma sempre presente.
Come dire: Persona che vai, Superga che trovi.

Un foglio bianco su cui si esprimono anche artisti e altri brand internazionali. Da Fendi a Yamamoto, passando per Versace. Oggi Superga è rinata tenendo fede alla sua natura, produce oltre tre milioni e mezzo di paia di scarpe l'anno. È presente in venticinque Paesi del mondo. Offre duecentocinquanta modelli diversi.

Ma il vero successo non è nei numeri. È nel fatto che, dopo più di un secolo, quelle scarpe continuano a raccontare storie. Storie di persone che camminano nella vita con i propri sogni, le proprie paure, le proprie speranze.

Superga è diventata la scarpa che accompagna la vita degli italiani, e non solo. Una sorta di "compagno di vita" discreto ma fedele, che non giudica, non impone, non ostenta. Semplicemente c'è, pronto ad assorbire ogni momento, ogni emozione, ogni passo verso il futuro.

Lei è rimasta sempre uguale, e anche voi magari, la prossima volta che vedrete quella suola con quelle forme inconfondibili forse ricorderete l'amore fulminante di un uomo che voleva fare colpo su una giovane tennista di origine inglese.

Superga ha mantenuto intatta la sua promessa: essere il foglio bianco su cui ognuno può scrivere la propria storia.

Io ringrazio Superga per aver reso possibile questo episodio e per averci concesso anche l'onore di rivivere la sua storia e la storia di un grande imprenditore italiano. In descrizione trovate tutti i link per approfondire, non dimenticatevi di iscrivervi al canale podcast (link). Io sono Max Corona e questo è Storie di Brand.

BasicNet S.p.A. published this content on July 09, 2025, and is solely responsible for the information contained herein. Distributed via Public Technologies (PUBT), unedited and unaltered, on July 10, 2025 at 10:34 UTC. If you believe the information included in the content is inaccurate or outdated and requires editing or removal, please contact us at support@pubt.io