ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

10/18/2024 | Press release | Distributed by Public on 10/18/2024 13:26

Consiglio Europeo: Stretta sui migranti

Dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente alle migrazioni, e ancora la competitività e i cambiamenti climatici ma anche gli sviluppi in vista del voto in Georgia, Moldova, la crisi in Venezuela e la guerra in Sudan: sono tanti i temi sul tavolo del Consiglio europeo in corso da ieri a Bruxelles. Ma su una cosa i leader dei 27 sono d'accordo: bisogna rafforzare le politiche di rimpatrio e tutelare maggiormente i confini esterni e interni. Anche se c'è divergenza su come farlo. Per questo nelle conclusioni del vertice, alla voce 'migrazioni', i capi di Stato e di governo chiedono alla Commissione di presentare con urgenza "una nuova proposta legislativa" per accelerare i rimpatri. L'approvazione è arrivata dopo settimane in cui diversi leader europei si erano mostrati critici verso la gestione dei flussi migratori e dopo che il primo ministro polacco Donald Tusk ha annunciato l'intenzione di sospendere il diritto di asilo per i migranti irrogolari perché, a suo dire, Russia e Bielorussia starebbero usando i flussi per "destabilizzare l'Europa". Il vertice europeo era stato preceduto dal primo summit Ue-Consiglio di cooperazione del Golfo nel corso del quale i capi di stato e di governo europei hanno trovato un'intesa politica, affatto scontata, su una dichiarazione congiunta finale che contiene riferimenti chiari alla Russia e all'Iran.

In cerca di 'vie innovative' per i rimpatri?

La prima giornata di summit ha registrato l'approvazione delle conclusioni sulla migrazione in cui i 27 "chiedono un'azione determinata a tutti i livelli per facilitare, aumentare e accelerare i rimpatri dall'Unione europea, utilizzando tutte le politiche, gli strumenti e i mezzi pertinenti dell'Ue, tra cui diplomazia, sviluppo, commercio e visti". I firmatari inoltre, chiedono di considerare "vie innovative per contrastare la migrazione irregolare, in linea con la legge Ue e internazionale". Un chiaro riferimento al 'modello Albania' presentato dalla premier italiana Giorgia Meloni all'indomani dell'arrivo dei primi migranti irregolari nel porto di Shengjin, sottolineandone il ruolo nell'azione di contrasto ai trafficanti di esseri umani e l'effetto di deterrenza. I leader si sono quindi confrontati su eventuali centri di rimpatrio fuori Ue - i Paesi Bassi già pensano all'Uganda mentre la Danimarca ci lavora con il Kosovo - e sulle condizioni per il rientro volontario dei profughi siriani. Sulla questione, Meloni ha organizzato con la premier danese e il neo primo ministro olandese, Dick Schoof, una riunione informale a cui hanno aderito Austria, Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria.

L'Europa si allontana dai suoi valori?

Non tutti i leader europei però, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz si sono detti convinti del 'modello Abania' e alcuni ne hanno persino preso le distanze Interpellato sul tema Sholz ha notato che "è ora che il sistema comune europeo di asilo venga attuato più rapidamente. Se facciamo progressi in termini di efficienza, ad esempio per quanto riguarda la direttiva sui rimpatri, e se tutti noi osserviamo insieme le regole che abbiamo, faremo molti passi in avanti". Dopo il vertice, invece, ha parlato il premier spagnolo Pedro Sanchez. "La nostra posizione è chiara: non siamo a favore di queste formule che non affrontano i problemi e ne creano altri: siamo per una visione più ampia, a favore della collaborazione con i Paesi di origine, a favore dell'immigrazione regolare" ha detto. "Sento molti commenti su questo o quel modello" sui migranti: "l'unico modello che funziona di fronte all'immigrazione irregolare e a tutti i movimenti clandestini è un modello europeo pragmatico ma rispettoso dei nostri valori" ha dichiarato invece il presidente francese Emmanuel Macron, aggiungendo che in passato "altri modelli non hanno dimostrato la loro efficacia" e "quello che ha bloccato l'Europa è stato quando i paesi volevano agire da soli" e non volevano "la solidarietà". Ma il mutato approccio sulla questione migratoria di numerosi leader dell'Unione dimostra inequivocabilmente lo spostamento a destra dello spettro politico sancito dal voto europeo di giugno.

Zelensky presenta il piano per la vittoria?

Al summit è intervenuto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha ribadito come per Kiev la Nato sia "un ombrello di sicurezza", e "l'unica speranza". Se i partner non rispetteranno le promesse, ha detto il presidente intervenendo in un momento critico per gli esiti del conflitto contro la Russia "per noi la situazione sarà molto difficile". E rispondendo a una domanda ha ribadito: "Non aggiungerò altro sul colloquio che ho avuto con Donald Trump rispetto a quanto ho già detto, quel colloquio era tra me e lui. Abbiamo parlato della Nato, io gli ho presentato le mie argomentazioni" per l'ingresso dell'Ucraina "e lui ha detto che era d'accordo. Significa quel che significa". A Bruxelles Zelensky ha presentato il suo 'Piano per la vittoria' dell'Ucraina il cui obiettivo dichiarato è porre fine alla guerra entro il 2025. Il Piano è di fatto una road-map in cinque punti e prevede garanzie di sicurezza da parte degli alleati e nuove armi per evitare che la Russia lanci pause nei combattimenti per riarmarsi e poi riattaccare. Kiev chiede inoltre un invito ad aderire alla Nato; la fornitura veloce di più armi e senza limiti al loro uso; il dispiegamento sul proprio territorio di una deterrenza strategica non nucleare; un accordo speciale sull'uso congiunto delle risorse critiche, come il litio, il gas, il titanio e altre materie prime, con i partner dell'Ue e Usa, e infine prospettive post belliche, fra cui la sostituzione di forze americane in Europa con unità ucraine.

Il commento

Di Antonio Villafranca, Vice Presidente per la Ricerca ISPI

"Scorrendo le conclusioni del Consiglio europeo si potrebbe quasi avere l'impressione che l'Ue sia un attore mondiale a tutto tondo. C'è di tutto: Ucraina, Medio Oriente, Georgia, Moldavia, Marocco, Sudan, Venezuela, Haiti fino alle grandi sfide della competitività e dell'ambiente. Peccato che, con poche eccezioni, i leader si limitino a condannare, prendere nota o esprimere preoccupazione. Non c'è una sola iniziativa che risulti veramente nuova e capace di fare la differenza. I motivi sono due: l'attesa per i risultati del voto USA e le crescenti divisioni intra-Ue. Sul primo motivo provvederanno a breve gli americani. Sul secondo, non si sa più chi sia in grado di ricucire gli strappi. Indicativo il (veloce) riferimento ai Rapporti Letta e Draghi: l'Ue invita l'Ue stessa a far qualcosa. Cosa non si sa. Se ne parlerà al Consiglio informale di novembre. Nella speranza che non sia l'occasione per nuove divisioni".

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