Etra S.p.A. - Energia Territorio Risorse Ambientali

11/15/2024 | Press release | Distributed by Public on 11/15/2024 05:44

Un progetto per ridurre il rischio bellico residuo

Nel triennio 2021-2023 nel nostro Paese sono stati realizzati più di 7mila interventi di bonifica di residuati bellici con il recupero di circa 95 mila ordigni e 72 bombe d'aereo. Nel complesso, in Italia si segnala ogni anno il ritrovamento di migliaia di ordigni inesplosi, fatto che comporta ancora oggi rischi considerevoli sia per la popolazione che per gli operatori. «L'andamento delle bonifiche degli ultimi anni - commenta il colonnello Lorenzo Puglisi, Capo Ufficio Operazioni e Concorsi Operativi del COMFOP NORD - evidenzia come il sottosuolo del nostro Paese sia ancora in alcune sue parti caratterizzato da una presenza di ordigni inesplosi, pertanto la bonifica del territorio nazionale dai residuati bellici si conferma tra le più importanti attività di Protezione Civile in cui l'Esercito Italiano svolge contestualmente un ruolo fondamentale».

Il numero esatto di vittime causate dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale è incerto. Fonti ufficiali riportano 70.591 vittime civili, ma questa cifra è probabilmente sottostimata. Contare il numero di bombe sganciate sull'Italia è ancora più difficile, sebbene le statistiche ufficiali alleate indichino che tra il 1943 e il 1945 furono lanciate 378.891 tonnellate di ordigni, pari al 13,7% del totale sull'Europa. Secondo alcune stime recenti, questo potrebbe corrispondere a circa un milione di bombe.

Si calcola informalmente che gli ordigni inesplosi trovati dal Dopoguerra ad oggi rappresentino circa il 60% del totale di ordigni rimasti inesplosi nel terreno alla fine del conflitto. I dati dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (ANVCG), tratti dai registri del Ministero della Difesa, riportano che ogni anno vengono recuperati in Italia decine di migliaia di ordigni, risalenti alla Prima e Seconda Guerra Mondiale. Secondo l'ANVCG, solo l'anno scorso (2023), 5 persone in Italia sono decedute a causa dell'esplosione di un ordigno bellico, tra cui un bambino di 10 anni.

Questi numeri evidenziano da un lato come le guerre mondiali abbiano lasciato una pesante eredità in molte aree del Veneto e non solo con migliaia di ordigni inesplosi e ancora attivi, bombe, mine e proiettili rimasti sepolti per decenni e dall'altro l'urgenza di trovare soluzioni per ridurre i rischi legati ai residuati bellici. In tale prospettiva assume particolare rilevanza il progetto "Valutazione del rischio bellico residuo" i cui risultati sono stati presentati oggi venerdì 15 novembre nel corso del convegno organizzato nell'Aula Magna del Palazzo del Bo dell'Università di Padova.

«Quanto emerge dal lavoro di questi tre anni - sottolinea Luca Pierobon, presidente del Consiglio di Bacino Brenta - conferma come il rischio bellico sia un problema che va preso sul serio perché ha importanti ricadute su più versanti. È questa la consapevolezza che ci ha convinti, come Bacino Brenta, ad approvare il progetto e la relativa spesa. Quanto ci è stato illustrato nel corso del Convegno, infatti, conferma la concretezza delle risultanze del progetto e i suoi benefici sulla comunità locale».

L'appuntamento, promosso da ETRA S.p.A Società benefit in collaborazione con l'Università di Padova e il Comando Forze Operative Nord dell'Esercito Italiano con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Regione del Veneto e della Provincia di Padova, ha rappresentato l'occasione per illustrare i contenuti del progetto portato a termine, dopo tre anni di lavoro. Il progetto, infatti, approvato dal Bacino Brenta che ne ha autorizzato anche la spesa da parte di ETRA, è iniziato nel 2020 frutto di un accordo quadro sottoscritto tra Etra Spa, l'Università degli Studi di Padova (DiSSGeA) e il Consiglio di Bacino Brenta. Esso interessa quasi cento comuni compresi tra il Padovano e l'Altopiano di Asiago).

Il risultato più qualificante è rappresentato dalla mappa delle aree potenzialmente contaminate da ordigni bellici inesplosi creata per supportare amministrazioni, aziende e cittadini nel garantire la sicurezza nei cantieri di scavo e nelle aree urbane ad alta densità abitativa. «Abbiamo creato una mappa dettagliata che comprende 69 comuni tra Padova, Vicenza e Treviso. Il cuore di VRB - spiega il prof. Aldino Bondesan, dell'Università degli Studi di Padova - è un Sistema Informativo Territoriale - denominato UXO-MAP -, un database digitale composto da cartografie storiche, foto aeree e documenti d'archivio. È il primo sistema informativo geografico con un livello così elevato di dettaglio, precisione e integrazione di banche dati multidisciplinari, capace di fornire una mappatura affidabile degli ordigni inesplosi. Il progetto VRB non si limita alla prevenzione degli incidenti nei cantieri, ma ha una portata più ampia sensibilizzando la popolazione sia sull'importanza della sicurezza e sia sul valore della memoria storica.

Uno degli aspetti chiave del progetto VRB è stata l'accurata ricerca storico-documentale: sono state acquisite oltre 20.000 foto aeree e diverse centinaia carte storiche risalenti alla Prima e alla Seconda guerra mondiale, che sono state analizzate e digitalizzate per costruire il database del rischio. Inoltre con l'allestimento di aree test selezionate, tra cui quella di Cadoneghe, in collaborazione con il Comando Forze Operative Nord e l'8° Reggimento genio guastatori paracadutisti, saranno installati circa 100 ordigni inertizzati. Questo permetterà di simulare le condizioni reali di rilevamento di ordigni bellici, riducendo il rischio per chi opera sul campo».

Il progetto risponde dunque, in modo concreto ed efficace, alla necessità emersa a seguito della legge 177/2012, che obbliga a valutare il rischio bellico prima di intraprendere qualsiasi attività di scavo. La cartografia ottenuta permette, infatti, di individuare con precisione le aree a maggior rischio, mitigando il pericolo di incidenti e agevolando la pianificazione degli interventi con un modello, applicabile anche in altri contesti a rischio.

«ETRA è impegnata, non da oggi, su progetti innovativi, basati su collaborazioni strategiche con altre Istituzioni molto importanti quali l'Università - spiega Flavio Frasson, presidente di ETRA -. Una delle nostre preoccupazioni è aumentare la sicurezza del lavoro dei nostri operatori e delle nostre comunità e offrire risposte innovative capaci di ridurre tempi e costi nella realizzazione delle opere. Gli scavi sul suolo rappresentano almeno l'80 per cento dei lavori quotidiani della nostra azienda e sono, dunque, una delle nostre attività più frequenti. Il rischio bellico è senz'altro uno dei fattori più rilevanti di pericolo di queste opere che incide sui costi e tempi. Il progetto, dunque, nasce come risposta a tali necessità tecniche ed economiche».

La realizzazione di VRB è stata possibile grazie alla collaborazione tra enti pubblici, istituzioni accademiche e forze militari. ETRA ha contributo con i propri sistemi informativi e con le campagne di telerilevamento, mentre l'Università di Padova ha fornito il supporto scientifico necessario ed ha allestito il progetto, conducendo le ricerche archivistiche e le analisi informatiche. Le Forze Armate Italiane sono state coinvolte nelle fasi di ricerca e di allestimento dell'area test, tuttora in corso. L'Aerofototeca Nazionale e l'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare ha fornito preziosissime immagini aeree, mentre importanti contributi sono arrivati dagli Archivi di Stato (primo fra tutti l'Archivio di Stato di Firenze), Musei, Soprintendenze e altri archivi civili e militari.