11/06/2025 | News release | Distributed by Public on 11/06/2025 11:11
Negli ultimi anni i consumi digitali degli italiani sono cresciuti costantemente, soprattutto quelli audiovisivi. Oggi la platea che ogni giorno si affaccia sul web o sui social media è ormai paragonabile, per dimensioni, a quella televisiva. Anche le fasce più adulte e anziane partecipano a questo cambiamento. Con oltre 22 milioni di smart tv connesse, la sovrapposizione tra consumo televisivo e digitale è diventata strutturale.
Fonti come la Relazione annuale Agcom e il Digital News Report del Reuters Institute segnalano un paradosso: sempre più persone si informano online, ma la fiducia resta più alta nei media tradizionali, in particolare nella televisione.
Su questo scenario si innesta la ricerca "Il consumo di news nell'età delle piattaforme e il ruolo del Servizio pubblico", condotta dal CeRTA - Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell'Università Cattolica, che ha indagato l'evoluzione dell'offerta informativa dei servizi pubblici europei e le abitudini di consumo degli italiani tra tv, web e social media.
Lo studio è stato presentato in Ateneo, a Milano, giovedì 30 ottobre nel corso del workshop "I servizi pubblici nell'età delle piattaforme: sfide europee e italiane" dal professor Massimo Scaglioni, direttore del CeRTA e dalla professoressa Anna Sfardini, responsabile delle attività di ricerca del Centro. L'evento è stato introdotto dagli interventi accademici di Catherine Johnson (Università di Leeds), Michal Glowacki (Università di Varsavia), Catalina Iordache e Tim Raats (Libera Università di Bruxelles) a cui è seguito il dialogo tra Aldo Grasso e la giornalista Monica Maggioni, alumna dell'Ateneo. In chiusura la cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti della XIII edizione del Master Fare TV (foto in alto).
La ricerca del CeRTA si è articolata in tre fasi: analisi comparativa su 15 servizi pubblici europei in dieci Paesi, focus group in tre città italiane (Milano, Roma e Napoli) e un'indagine quantitativa su 2mila cittadini tra i 16 e i 74 anni.
Dal benchmark europeo emerge che i broadcaster pubblici, da Bbc a France TV, da Ard a Rtve, stanno ridefinendo il proprio ruolo nel digitale. L'obiettivo comune è creare un "safe space" informativo, credibile e verificato, all'interno di un ecosistema online spesso percepito come caotico e frammentato.
Le news diventano anche uno strumento di costruzione identitaria - nazionale, locale e globale - mentre i PSM cercano di estendere la loro offerta su piattaforme proprietarie di streaming, come iPlayer per la Bbc, per affrancarsi dalla dipendenza dai social.
Consulta i contenuti della ricerca
Molti dei trend europei trovano riscontro anche in Italia. Il 93% degli utenti, e addirittura il 97% dei giovani della Gen Z, dichiara di voler verificare l'attendibilità di una notizia trovata online, confrontandola con altre fonti (69%). Per i più giovani contano anche i commenti degli altri utenti (30%).
Cresce l'interesse per le notizie locali: il 70% degli italiani (78% nella Gen X) le consulta più frequentemente di quelle internazionali o politiche, in media 6,7 giorni su 7. Il "mondo vicino" è percepito come più rilevante, legato alla vita quotidiana.
Televisione e internet restano i due pilastri dell'informazione (79% ciascuno), seguiti dai social media (68%). Se la TV è vista come affidabile ma talvolta ripetitiva, la Rete offre spazi di approfondimento, mentre i social restano l'area a maggior rischio di fake news. Gli italiani chiedono al servizio pubblico soprattutto trasparenza delle fonti (56%) e professionalità dei giornalisti (45%).
La ricerca ha tracciato dei profili dettagliati delle quattro generazioni in relazione al consumo di news sui diversi mezzi, disegnando un orizzonte di riferimento per le diverse età.
La Generazione Z (16-24 anni), formata dai cosiddetti "Digital potatoes", vive immersa nei social media, che rappresentano il principale canale di accesso all'informazione. Instagram, TikTok e YouTube sono le piattaforme più frequentate, e l'approccio alle notizie è prevalentemente passivo: i contenuti vengono "subiti" mentre scorrono nel feed più che cercati attivamente. Le notizie preferite sono brevi, aggiornate, visivamente dinamiche e spesso legate a temi di società o cronaca. Pur riconoscendo l'autorevolezza dei media tradizionali - in particolare dei telegiornali Rai - i giovani li percepiscono come strumenti "da adulti". Il servizio pubblico è sinonimo di professionalità, ma fatica ancora a parlare il linguaggio dei più giovani.
I Millennials (25-45 anni), definiti come gli "Info-tainers", alternano social, web e TV in modo fluido. Cresciuti con la televisione ma maturati con Internet, mescolano informazione e intrattenimento: l'informazione deve essere accessibile, fruibile ovunque e adattabile ai tempi di vita quotidiani. Tuttavia, avvertono un senso di disorientamento di fronte alla quantità di notizie e temono le fake news. Per loro la Rai resta un punto di riferimento credibile - "una madre autorevole ma distante" - e continuano a riconoscere valore ai volti televisivi che hanno saputo trasferire la loro autorevolezza anche sui social.
La Generazione X (46-60 anni), quella dei "Crossmediali", è la più equilibrata tra vecchi e nuovi media. È abituata a informarsi attivamente - cercando, confrontando e verificando - e si muove con disinvoltura tra telegiornali, radio e testate online. Si fida dei brand storici e considera la Rai un presidio di serietà, pur consapevole del peso delle influenze politiche. I social, invece, sono percepiti come un mare confuso dove è difficile distinguere il vero dal falso.
Infine, i Baby Boomers (61-74 anni), i "Televisivi", che restano legati al consumo televisivo. La tv è il mezzo principale, affiancato da Internet solo in modo complementare. Preferiscono l'affidabilità dei volti familiari e dei programmi consolidati, e vedono nella Rai un marchio di fiducia e autorevolezza. Tuttavia, la considerano ancora troppo statica sul fronte digitale e percepita come vicina al mondo politico.