01/13/2025 | News release | Distributed by Public on 01/13/2025 12:48
Scempio su scempio, si continua ad offendere e a sfregiare inesorabilmente il paesaggio trentino, soprattutto là dove più notevoli sono i pregi ed i valori che lo caratterizzano.
Si rimane sconcertati dal fatto che ultimamente, per valorizzare i beni paesaggistico-ambientali, si mettono in atto progettazioni completamente insensibili al contesto, invasive, pesanti, specchio di arroganza e ignoranza.
Ma dov'è la Tutela della Provincia autonoma di Trento, tanto decantata in sede di conferenze e convegni, soprattutto fuori provincia?
Ma si tiene mai conto della normativa di settore in vigore o dell'assunto della Costituzione italiana, che all'art. 9 dichiara che la Repubblica tutela, insieme al patrimonio storico e artistico della Nazione, anche il paesaggio?
Quelli della salvaguardia sono concetti faticosamente elaborati nel corso degli ultimi 50 anni o ormai sono solo diventate parole-paravento che deliberatamente s'intende svuotare di senso?
Ciò che più sconcerta è che quella dei Lavini non è neppure un'opera a servizio di forti interessi economici, quelli che sempre più spesso vengono imposti anche a discapito del bene comune. Questa è un'opera che doveva essere "di servizio", utile per poter percorrere quel territorio così prezioso, perché testimone della presenza dei dinosauri, duecento milioni di anni fa. Ma a maggior ragione in quanto portatrice di una funzione pubblica, quest'opera non poteva prescindere da una progettazione rispettosa dei luoghi.
La progettazione è un'operazione che richiede competenza, cultura e sensibilità. Non basta il puro tecnicismo per operare sul paesaggio, ma è indispensabile un'attenta capacità di lettura del contesto, di valutazione dei pregi, di conoscenza e di rispetto dei limiti. È operazione che sottende la capacità di definizione di princìpi progettuali e di linee-guida sul possibile inserimento nel luogo di forme, volumi, materiali. Solo successivamente è possibile tracciare le soluzioni più consone.
Questo caso increscioso dimostra invece che tutte le considerazioni sul contesto sono state omesse, seguendo l'unica traccia progettuale di un percorso artificiale e artificioso, che vuole portare il visitatore a "dominare" il paesaggio da una posizione sopraelevata, per godere dall'alto della vista delle famose orme.
Una soluzione formale che dimostra un tecnicismo standardizzato, pesante, che ha forgiato forme spigolose e aggressive, dove la selva dei sostegni dei parapetti ci riporta l'immagine di una fitta presenza di "costolature" che si alzano appuntite verso il cielo.
In questo contesto il percorso avrebbe dovuto essere complanare al terreno, senza parapetti, e snodarsi armoniosamente lungo il tracciato. Una soluzione che avrebbe avuto anche un costo notevolmente inferiore. Ma, per assurdo, sembra ormai che le risorse economiche -che scarseggiano sempre quando si tratta di mettere in atto o riqualificare i servizi al cittadino o gli stipendi dei dipendenti pubblici - non debbano invece subire contenimenti nel caso di opere non indispensabili e fortemente invasive (un parallelo immediato, anche se in scala certamente superiore, è con la passerella della ciclovia del Garda).
Quanto realizzato risulta un intervento inaccettabile, un mostro appoggiato sulle pendici dei Lavini. Un affronto che chiediamo con forza di risanare immediatamente, nell'unico modo possibile: mediante lo smantellamento delle dure passerelle metalliche.
Italia Nostra Trento
Il Consiglio direttivo
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