09/11/2025 | Press release | Distributed by Public on 09/11/2025 10:14
L'oro continua la sua corsa senza tregua, spingendosi oltre quota 3.600 dollari l'oncia e avvicinandosi rapidamente all'area dei 3.700 dollari. Dall'inizio dell'anno il rialzo sfiora il 40%, con un'accelerazione di quasi il 10% in poche settimane, sostenuta da un intreccio di fattori macroeconomici, geopolitici e finanziari che alimentano la domanda di beni rifugio.
Un rally guidato dall'incertezza globale
Il contesto internazionale continua a presentare forti elementi di instabilità.
L'indebolimento del dollaro ha favorito un progressivo disimpegno dal biglietto verde e stimolato gli acquisti di asset alternativi, con l'oro in prima linea.
Parallelamente, i timori di inflazione negli Stati Uniti, in parte alimentati dalla resilienza dei prezzi dei servizi, e la prospettiva di una possibile stagflazione hanno incentivato gli investitori a cercare protezione nel metallo giallo.
A ciò si aggiunge la politica di accumulo da parte delle Banche Centrali: la Cina, per il decimo mese consecutivo, ha incrementato le riserve auree portandole a circa 2.302 tonnellate. Sebbene il ritmo degli acquisti sia rallentato rispetto alla fase iniziale, la tendenza di fondo rimane rialzista e conferma la strategia di diversificazione rispetto al dollaro.
La politica monetaria della Fed come principale driver
Il focus del mercato resta tuttavia rivolto alla Federal Reserve. I dati rivisti sull'occupazione americana hanno mostrato che l'economia ha creato 911.000 posti di lavoro in meno nell'ultimo anno rispetto a quanto stimato in precedenza.
Questo segnale di raffreddamento del mercato del lavoro, unito a un'inflazione ancora al di sopra del target del 2%, ha rafforzato le aspettative di un taglio dei tassi nella riunione di settembre. Le probabilità prevalenti puntano a una riduzione di 25 punti base, ma resta sul tavolo la possibilità, seppur meno probabile, di un intervento più deciso da 50 punti base.
Un ciclo di allentamento monetario avrebbe implicazioni rilevanti: tassi reali più bassi riducono l'attrattiva dei Treasury e rendono più conveniente detenere oro, che non offre rendimento nominale ma rappresenta un bene rifugio in periodi di incertezza.
Secondo UBS Global Wealth Management, il ciclo espansivo della Fed potrebbe arrivare a un totale di 100 punti base di tagli entro gennaio 2026, un contesto che fornirebbe ulteriore sostegno al prezzo del metallo prezioso.
Le previsioni degli analisti
Il consensus degli analisti rimane positivo, ma con sfumature diverse a seconda delle ipotesi di contesto.
ANZ (Australia and New Zealand Banking Group) ha recentemente rivisto al rialzo le proprie stime, prevedendo un prezzo a 3.800 dollari l'oncia a fine anno ed un picco vicino ai 4.000 dollari entro metà 2026, sulla base di un quadro macroeconomico caratterizzato da politiche monetarie accomodanti e tensioni geopolitiche persistenti.
UBS (Union Bank of Switzerland) conferma una prospettiva rialzista sostenuta dal ciclo di tagli della Fed, mentre Goldman Sachs spinge più in alto l'asticella con scenari estremi che arrivano a immaginare l'oro vicino ai 5.000 dollari l'oncia. In questo caso, la condizione chiave sarebbe un'erosione dell'indipendenza della Federal Reserve: anche uno spostamento marginale dell'1% del mercato dei Treasury verso il metallo giallo basterebbe, secondo la banca d'affari, a generare un'accelerazione senza precedenti dei prezzi.
Politiche monetarie in fase di svolta, tensioni commerciali, rischi inflattivi ed accumulo di riserve da parte delle Banche Centrali continuano a convergere in un'unica direzione: rafforzare il ruolo del metallo prezioso come bene rifugio. Con l'area dei 3.700 dollari ormai a portata, il mercato guarda già a nuovi massimi storici che potrebbero ridefinire gli equilibri finanziari nei prossimi mesi.
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A cura dell'Ufficio Stampa di Confinvest