 ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
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10/31/2025 | Press release | Distributed by Public on 10/31/2025 07:35
Ginevra, Londra, Stoccolma, Madrid, Kuala Lumpur, Busan. Dopo mesi di minacce, attacchi, reazioni, negoziati, post e clamorose giravolte, giovedì 30 ottobre è andato in scena in Corea del Sud l'atto più atteso della guerra economica (l'aggettivo "commerciale" è ormai riduttivo) tra Stati Uniti e Cina: l'incontro tra Donald Trump e Xi Jinping all'aeroporto di Busan a seguito del vertice dell'Asia Pacific Economic Cooperation (APEC) di Gyeongju.
La goffa stretta di mano tra i due presidenti, la prima in sei anni, ha sancito una tregua nell'escalation delle ultime settimane. In attesa di dettagli ufficiali sull'implementazione dell'intesa, frutto di precedenti negoziati in Malaysia il 25-26 ottobre, ci sono state novità sia sui dazi sia sui controlli all'export sia sulle tariffe portuali. Il risultato da questo punto di vista è andato oltre le attese, migliorando lo status quo vigente prima di settembre, e rappresenta una vittoria politica da sbandierare a casa propria sia per Trump che per Xi. Ma questo è solo un time-out.
La seconda amministrazione Trump è iniziata sulla falsariga della prima, con una raffica di dazi sui beni cinesi importati negli USA. Tuttavia, lo scontro commerciale tra le due grandi potenze si è arricchito di nuovi elementi nel 2025: controlli all'export, tariffe portuali, TikTok, soia, acquisti di petrolio dalla Russia, investimenti transfrontalieri.
Sono stati i controlli all'export che hanno riacceso le tensioni a ottobre. Riavvolgiamo il nastro. Il 19 settembre la telefonata tra Xi e Trump sembrava aver sancito un equilibrio, anche in scia all'intesa di Madrid sulla proprietà di TikTok negli Stati Uniti. Detto semplicisticamente, il compromesso trovato era che l'amministrazione MAGA contenesse il suo unilateralismo in cambio di accesso alle terre rare cinesi.
Tuttavia, tutto è cambiato il 30 settembre. Il Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio statunitense ha emanato la nuova "50% Rule", introducendo con effetto immediato restrizioni all'export verso società controllate per almeno il 50% da una o più entità presenti nella Entity List o nella Military End-User List, nonché aumentando i costi di compliance e due diligence per le aziende esportatrici. Gli USA hanno così notevolmente esteso la portata dei controlli all'export ai danni delle aziende cinesi, come Huawei, che sfruttano sussidiarie (oltre 20mila sarebbero quelle coinvolte) per aggirare le misure del BIS. È a quel punto che Xi ha risposto brandendo per la seconda volta nel 2025 il suo "bazooka" più potente. Il 9 ottobre Pechino ha annunciato sei diversi controlli all'export dal marcato impatto tecnologico-industriale, tra cui nuove e severe restrizioni per terre rare e magneti con portata extraterritoriale sul modello della Foreign Direct Product Rule statunitense. Queste iniziative sarebbero entrate in vigore tra novembre e dicembre.
Inoltre, Pechino ha fatto un'altra mossa, introducendo tariffe portuali per le navi legate agli Stati Uniti che effettuano scalo nei porti cinesi e sanzionando cinque sussidiarie statunitensi della ditta coreana di cantieristica Hanwha Ocean. La mossa del governo cinese è arrivata (non a caso) proprio alla vigilia dell'entrata in vigore delle tariffe portuali statunitensi per le navi legate alla Cina che effettuano scalo nei porti statunitensi.
Infine, va ricordato che dallo scorso maggio i cinesi hanno di fatto boicottato la soia statunitense, decisione estremamente dolorosa per gli agricoltori del Midwest, virando sulle forniture dal Sud America.
Tale insieme di fattori ha scatenato le ire di Trump, che su Truth Social ha minacciato (con scarsa credibilità, a onor del vero) di aumentare i dazi sui beni cinesi di un altro 100%.
Cos'hanno concesso rispettivamente le due parti a Busan? Washington non imporrà un ulteriore dazio del 100% sui beni cinesi importati e sospenderà per un altro anno quel 24% "reciproco" congelato temporaneamente lo scorso maggio a Ginevra. Anzi, Trump ha annunciato che il dazio imposto tra febbraio e marzo 2025 per la crisi del fentanyl verrà dimezzato al 10%. La tariffa effettiva sulle merci provenienti dal Paese asiatico (a luglio al 38,4%) verrebbe così ridotta esattamente di 10 punti percentuali.[1] Per quanto riguarda i controlli all'export, gli USA hanno deciso di sospendere per un anno la "50% Rule". Infine, USA e Cina sospenderanno per un anno le rispettive tariffe portuali, ma, visto il peso della flotta della Repubblica popolare nel mondo, si tratta di una grande concessione da parte statunitense. Non è chiaro cosa succederà alle tariffe portuali non specificamente anti-cinesi e alla più ampia indagine condotta dall'Ufficio del rappresentante per il Commercio americano (USTR) ai sensi della Sezione 301 del Trade Act del 1974 sui settori marittimo, logistico e cantieristico.
Dal canto suo, Pechino ha deciso di adattare i suoi dazi conformemente alle mosse a stelle e strisce e di rinviare di un anno i radicali controlli all'export annunciati il 9 ottobre. Sull'ultimo punto, il Ministero del Commercio della Repubblica popolare ha riferito che "studierà e definirà più in dettaglio i relativi piani di attuazione", un'affermazione piuttosto ambigua. Inoltre, è stata annunciata dall'amministrazione Trump la ripresa degli acquisti cinesi di soia statunitense, anche se rimangono dubbi sul ritorno ai livelli pre-stop.
Non c'è stato, invece, alcun via libera di Trump sulla vendita della linea Blackwell per l'intelligenza artificiale di NVIDIA in Cina né alcun cambio sull'impegno degli USA nei confronti di Taiwan: tali aperture avrebbero rappresentato notevoli giravolte anche per lo stesso tycoon, irritando i falchi della sicurezza nazionale a Washington. Non c'è stato alcun progresso sugli investimenti transfrontalieri, sugli approvvigionamenti cinesi di energia, sulla guerra in Ucraina/relazioni con la Russia e nemmeno sulla proprietà di TikTok in terra americana. Da ultimo, lo USTR Jamieson Greer ha dichiarato che rimarrà aperta l'indagine ai sensi della Sezione 301 sulla conformità della Cina all'accordo "Fase uno" firmato nel gennaio 2020.
Nonostante le novità provenienti dalla Corea del Sud, permane irrisolta la questione fondamentale alla base della competizione tra le due grandi potenze, ovvero la gestione dei rispettivi squilibri economici interni. Se a questo si aggiunge la sfiducia reciproca tra le due leadership (la postura del corpo di Xi ieri davanti ai fotografi è emblematica), il quadro è già compromesso e nessuna visita di Stato o incontro a margine dell'APEC o del G20 nel 2026 potrà essere riparatore. I riflessi di ciò sono l'assenza di un comunicato congiunto rilasciato ieri, ma soprattutto il deterioramento dell'interscambio bilaterale (Figura 1) e il dirottamento dell'export cinese nel Sud-est asiatico e in Europa, processi in corso senza via di ritorno.
Figura 1 - Interscambio di beni USA-Cina, somma mobile a 12 mesi in miliardi di dollari
Fonte: US Census BureauL'anno di tregua, a patto che duri, sarà speso da Washington e Pechino per evitare - a suon di investimenti domestici e partnership in Asia Pacifico - che esista in futuro la possibilità di una misura offensiva dell'una capace di mettere a repentaglio la sicurezza economica e nazionale dell'altra. Per ora ha vinto lo spettro della "distruzione mutua assicurata", si sarebbe detto in tempi di Guerra fredda, soprattutto grazie alla resistenza di Pechino. Ma domani è un altro giorno, ricco di incertezze. E la prima grossa incertezza riguarda la futura decisione della Corte suprema sui dazi introdotti da Trump tra febbraio e aprile 2025, tra cui quelli "reciproci", sulla base dello International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977.
[1] Da febbraio 2025 a oggi l'amministrazione Trump ha imposto sui prodotti cinesi importati diverse nuove aliquote tariffarie: un 20% per la crisi del fentanyl, un 10% "reciproco" del Giorno della liberazione (con importanti esenzioni settoriali) e diverse tariffe non esclusivamente anti-cinesi in diversi settori (acciaio, alluminio, rame, automobili e parti, legname).