ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

12/29/2025 | Press release | Distributed by Public on 12/29/2025 09:04

Trump-Zelensky: pace vicina, accordo lontano

Secondo Donald Trump, un accordo per fermare la guerra in Ucraina sarebbe completo al 95%. Tuttavia, questa percentuale - evocata dal presidente americano dopo l'ultimo incontro con l'omologo ucraino Volodymyr Zelensky - fa capire quanto quel restante 5% sia politicamente e strategicamente decisivo. Il summit, durato oltre tre ore, si è svolto a Mar-a-Lago, la residenza privata di Trump a Palm Beach, in Florida, e ha visto i due leader faccia a faccia in un contesto informale ma carico di significato politico. Nessun annuncio risolutivo, ma diversi segnali. Il colloquio ha chiarito i contorni della trattativa: progressi reali, un clima meno teso rispetto al passato ma, soprattutto, nodi ancora irrisolti su territori, garanzie di sicurezza e impianti strategici. Trump ha parlato di un processo "molto complicato", che richiede tempo e cautela, mentre Zelensky ha ribadito l'urgenza di una soluzione che garantisca la sopravvivenza dello Stato ucraino. Come sottolinea un'analisi di Axios, il negoziato entra ora nella sua fase più delicata, quella in cui ogni concessione pesa più di quanto sembri e in cui il contesto - dal luogo dell'incontro alla tempistica scelta - diventa parte integrante del messaggio politico.

Formato Trump: dialogo aperto, tempi incerti?

Trump ha ribadito di non avere scadenze prefissate, ma ha lasciato intendere che questo sia per lui il momento più favorevole per chiudere il conflitto iniziato nel 2022. Parlando ai giornalisti all'uscita dalla sua villa di Palm Beach, dove spesso riceve leader stranieri lontano dai protocolli della Casa Bianca, il Tycoon ha spiegato che "o finisce ora, o andrà avanti molto a lungo". Un'affermazione che riflette sia l'impazienza del presidente sia la consapevolezza dei limiti della mediazione americana. I colloqui proseguiranno nelle prossime settimane, coinvolgendo Stati Uniti, Ucraina e probabilmente anche gli interlocutori europei, con possibili nuovi incontri a Washington. Trump ha anche confermato l'intenzione di risentire Vladimir Putin, sottolineando che senza il via libera del Cremlino non esiste un accordo praticabile. Tuttavia, come sottolinea The Guardian, il contesto resta segnato dai pesanti attacchi russi contro città e infrastrutture ucraine, avvenuti anche nelle ore precedenti al vertice di Mar-a-Lago. Un elemento che rende più fragile ogni ipotesi di compromesso politico e che accompagna costantemente i colloqui.

Putin assente, ma centrale?

Anche se fisicamente lontano da Palm Beach, Putin è rimasto una presenza costante nei colloqui. Trump ha parlato con lui per oltre un'ora prima di ricevere Zelensky a Mar-a-Lago e ha annunciato un nuovo contatto nei prossimi giorni, ribadendo che il dialogo con Mosca resta aperto. È una dinamica che in passato ha suscitato diffidenze da parte di Kiev, soprattutto quando le posizioni russe sembrano influenzare notevolmente l'atteggiamento americano. Un passaggio chiave riguarda la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, occupata dalle forze russe e al centro di forti preoccupazioni internazionali. Trump ha definito la gestione dell'impianto un possibile terreno di cooperazione, affermando che "è un grande passo quando non viene bombardata". La questione è diventata uno dei simboli della complessità del negoziato. Come evidenzia Politico, proprio questi dossier tecnici e apparentemente secondari stanno rallentando l'intesa più delle dichiarazioni pubbliche, anche quando i leader si incontrano in contesti informali come quello di Mar-a-Lago.

Territori in cambio di pace?

Il vero ostacolo resta la questione delle concessioni territoriali, tornata al centro del confronto a Palm Beach. Zelensky sostiene che il piano di pace formulato da Kiev, strutturato in 20 punti e presentato agli americani in Florida, è condiviso al 90% e si è detto pronto a sottoporlo a referendum, come previsto dalla Costituzione ucraina, ma solo dopo un cessate il fuoco. Una condizione che Mosca continua a rifiutare, mentre le operazioni militari proseguono. Trump, parlando ancora una volta dal suo club in Florida, ha suggerito che alcune cessioni potrebbero essere inevitabili e che "forse è meglio fare un accordo ora", ossia prima di ulteriori avanzate russe. Dal Donbass alle aree intorno a Zaporizhzhia, il destino delle terre occupate divide profondamente le parti e solleva interrogativi sul futuro assetto dell'Ucraina e sull'equilibrio europeo. Secondo Axios, è proprio su questo punto che si concentra il "5-10% finale" evocato da Trump: una soglia sottile che separa l'intesa dal fallimento e che continua a essere discussa sia sotto la luce dei riflettori che dietro le quinte della diplomazia.

Il commento

Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale ISPI

"Il copione è ormai noto: ottimismo per i progressi fatti, ma i nodi più difficili da sciogliere restano presenti. Concessioni territoriali e garanzie di sicurezza, incluso il ruolo dell'Unione europea nella difesa e integrazione di Kiev, rimangono un serio scoglio. Nonostante i progressi a livello bilaterale, poi, resta da vedere cosa sarà accettato da Mosca. L'inflessibilità russa resta dunque l'ostacolo più grande. Se da un lato, quindi, è vero che la strategia ucraina di mostrarsi più accondiscendenti verso Trump sta mostrando risultati, con toni decisamente più distesi, la questione dei territori resta invariata e al momento senza sbocchi concreti".

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