11/12/2025 | Press release | Distributed by Public on 11/13/2025 03:13
Attacchi sistematici, coordinati e diffusi che hanno causato feriti, arresti e ingenti danni materiali sono in corso da giorni in diverse aree della Cisgiordania occupata ad opera di coloni israeliani. A denunciarlo sono le Nazioni Unite, secondo cui il mese di ottobre ha registrato il più alto numero di attacchi dal 2006, con oltre 260 episodi, una media di otto al giorno. L'ondata di violenze coincide con la stagione della raccolta delle olive, quando i palestinesi si dirigono verso i loro terreni agricoli intorno alle città e ai villaggi. Le immagini circolate sulla rete mostrano decine di uomini mascherati su una collina a est di Tulkarem, un attacco ad un magazzino palestinese a Beit Lid e alcuni camion dati alle fiamme. Nel villaggio beduino di Deir Sharaf si possono vedere tende in fiamme, con grida di donne in sottofondo. Muayyad Shaaban, capo della Commissione per la Resistenza al Muro e agli insediamenti dell'Autorità nazionazionale palestinese (ANP) ha affermato che gli attacchi fanno parte di una campagna di "intimidazione e terrore". In un raro esempio di intervento delle forze dell'ordine israeliane per contrastare la violenza dei coloni, l'esercito è intervenuto arrestando "diversi civili israeliani". I militari, tuttavia, sono stati poi attaccati dai coloni che si radunavano nelle vicinanze e il loro veicolo è stato danneggiato. La polizia israeliana ha dichiarato che sono stati arrestati quattro sospettati. In un post su X, il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito gli ultimi eventi "gravi e scioccanti", attribuendone la responsabilità a "una manciata di individui violenti e pericolosi".
La raccolta delle olive è un evento annuale importante per i palestinesi e un'importante fonte di reddito per molte famiglie, ma da anni ormai coincide con un aumento esponenziale degli attacchi da parte dei coloni israeliani. In particolare, quest'anno, secondo l'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) la violenza dei coloni ha raggiunto livelli di sistematicità senza precedenti: circa 150 attacchi documentati, che hanno causato il ferimento di oltre 140 palestinesi e il vandalismo di oltre 4200 alberi in 77 villaggi. In tutto, dall'inizio dell'anno, gli attacchi da parte dei coloni registrati in Cisgiordania sono stati circa 1500. Il coordinatore degli aiuti d'emergenza delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, ha sottolineato come "la mancata prevenzione o punizione di tali attacchi è incompatibile con il diritto internazionale. I palestinesi devono essere protetti. L'impunità non può prevalere. Gli autori devono essere ritenuti responsabili". Ieri centinaia di persone hanno partecipato al funerale del tredicenne Aysam Mualla a Beita, vicino Nablus. Secondo quanto riferito, era in coma dopo aver inalato gas lacrimogeni sparati dalle Forze di difesa israeliane (IDF) mentre gli abitanti del villaggio raccoglievano le olive il mese scorso, vicino all'avamposto dei coloni di Evyatar. Secondo Ocha, ogni cinque palestinesi uccisi dalle forze israeliane nel 2025 in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, uno era un minore.
I palestinesi e i gruppi per i diritti umani accusano spesso l'esercito di proteggere o aiutare i coloni estremisti. In un durissimo editoriale il quotidiano israeliano Ha'aretz denuncia la complicità dell'esercito israeliano nelle violenze: "Tali incidenti sono resi possibili dal fatto che le IDF restano a guardare e non fanno nulla per reprimere la violenza e proteggere le persone sotto attacco" scrive il quotidiano, denunciando come "tra i rivoltosi ci sono soldati in uniforme, membri delle squadre di sicurezza di emergenza degli insediamenti, che sfruttano le uniformi e le armi fornite loro per autodifesa per attaccare i palestinesi, che vogliono solo i loro raccolti". Secondo il quotidiano, le dichiarazioni del portavoce dell'esercito su come le truppe "siano arrivate prontamente" per sedare gli attacchi e "ridurre l'attrito", in realtà, confonderebbero i fatti. "Non ci sono attriti o scontri - evidenzia Ha'aretz - ma pogrom pianificati e avviati da una parte contro l'altra". Accuse durissime che chiamano in causa esponenti dell'ultradestra parte della coalizione di governo israeliano. Il mese scorso, un disegno di legge presentato da parlamentari di questi partiti, ha ottenuto il primo via libera della Knesset per applicare la legge israeliana alla Cisgiordania, una mossa che equivale di fatto all'annessione del territorio in termini giurisdizionali.
Gli attacchi e le continue violenze alimentano un'insicurezza persistente ed erodono la credibilità delle istituzioni palestinesi. Il servizio di sicurezza interna israeliano, lo Shin Bet, ha lanciato l'allarme: la disoccupazione di massa, il fallimento dei servizi e l'aggravarsi della povertà tra i circa 3 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania, sotto occupazione militare dal 1967, potrebbero alimentare una nuova spirale di violenze e un collasso dell'Autorità nazionale palestinese. Nel 2024 la Banca Mondiale ha dichiarato che l'economia della Cisgiordania si è contratta del 17%. "Se l'economia palestinese dovesse crollare completamente, non sarebbe un accordo vincente per nessuno - ha detto l'ambasciatore statunitense in Israele, Mike Huckabee in una recente intervista - Porterebbe solo a ulteriore disperazione. E le persone disperate fanno cose disperate". Secondo i dati dell'Unione degli agricoltori palestinesi (Upf), circa il 60% degli olivicoltori non ha potuto raccogliere nel 2023 e nel 2024. Quest'anno le previsioni sono ancora più fosche e si presume che la raccolta sarà impedita a 7 olivicoltori su 10. La persistente crisi fa sì che pochi olivicoltori abbiano fonti di reddito alternative. "L'impatto economico è molto negativo per tutti, ma c'è di più - osserva Abbas Milhem, direttore dell'Upf - l'ulivo per i palestinesi non è solo un albero. È una fonte di vita, una fonte di pace. Coltiviamo ulivi in Palestina da migliaia di anni. Fa parte della nostra cultura e della nostra esistenza".
Il commento
di Caterina Roggero, ISPI Senior Research Fellow
"Gli ulivi sono piante secolari, quando non millenarie, presenti in questo luogo da sempre. Sono alberi quasi sacri per i palestinesi: li tengono radicati alla terra e ne testimoniano la loro storica presenza. Oltre che un'importante voce della fragile economia locale-palestinese, sono quindi un forte simbolo di identità nazionale. L'intensificarsi degli attacchi agli uliveti da parte dei coloni nella Cisgiordania occupata è altrettanto simbolico e significativo. Il messaggio che la componente più estremista israeliana vuole fare arrivare ai palestinesi è netto: non vi vogliamo in questa terra perché è totalmente nostra, e della vostra identità e sussistenza non ci interessa granché".