12/23/2025 | News release | Distributed by Public on 12/22/2025 18:14
Quella del 23 dicembre 1984 è una strage italiana. Colpisce con una bomba i passeggeri di un treno partito da Napoli e diretto a Milano, nel tratto tra Firenze e Bologna. Un treno, insomma, che unisce gli italiani di tutta la penisola. L'attentato avviene la domenica del fine settimana che precede le feste natalizie. Il treno è pieno di viaggiatori che tornano a casa o vanno in visita ai parenti per trascorrere in famiglia le festività. Alle 19:08 all'interno della Grande galleria dell'Appennino, in località Vernio, una detonazione molto violenta, causata da una carica di esplosivo radiocomandata, dilania il convoglio, che procede a più di 150 km/h in direzione nord.
L'esplosione causa 15 vittime e 267 feriti, salite a 16 più tardi per le conseguenze delle ferite riportate:
La commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi indica l'attentato come un evento che anticipa e annuncia le strategie dello stragismo mafioso. La responsabilità dell'atto - come esplicitato nella relazione del presidente della commissione, Giovanni Pellegrino - è da ascriversi a Cosa nostra. In questo documento, l'attacco terroristico viene considerato come il punto di collegamento tra gli Anni di piombo e l'epoca del terrorismo di matrice mafiosa: "Restano non pienamente chiariti i contesti, probabilmente diversi, in cui le due stragi - questa e quella della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 - sono venute a inserirsi e i più ampi disegni strategici cui le stesse sono state funzionali. In tale prospettiva apprezzabile appare l'ipotesi avanzata in sede giudiziaria con specifico riferimento alla strage del treno 904, secondo cui la stessa sarebbe stata una reazione di Cosa nostra all'operato di alcuni dei primi storici suoi membri diventati collaboratori di giustizia, come Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno; un tentativo cioè dell'associazione criminale di rinsaldare, mediante la minaccia di un salto qualitativo della sua azione offensiva, legami istituzionali che sembravano allentarsi o comunque essere posti in discussione dall'attivarsi di una nuova stagione, che metteva in crisi un antico patto armistiziale. In tale prospettiva la strage di Natale del 1984 sembra preannunciare una stagione successiva, che abbraccia eventi come le stragi di Capaci e via D'Amelio e gli attentati dell'estate del 1993″.
Tra i condannati dell'eccidio, infatti, vi sono Pippo Calò, considerato il cassiere di Cosa nostra, e Giuseppe Misso, boss della camorra di Napoli. Il 14 marzo 1992, la Corte d'assise di Firenze conferma gli ergastoli per i due boss. La quinta sezione penale della Cassazione, il 24 novembre 1992, conferma nuovamente queste sentenze e riconosce la "matrice terroristico-mafiosa" dell'attentato.
L'ex procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, presentando un documentario sull'attentato, così ambienta questa strage 'itinerante', come viene spesso definita: "Un eccidio che sconvolse il Paese, appena uscito da quindici anni di violenze e angoscia provocate dal terrorismo politico di destra e sinistra. E al terrorismo si pensò subito nelle indagini iniziali, prima di capire che dietro la strage c'era un'alleanza tra mafia, camorra ed eversione di destra, come hanno poi dimostrato i processi degli anni successivi. L'obiettivo era distrarre l'opinione pubblica e spostare l'attenzione delle forze investigative dalla Sicilia, dove le inchieste di Falcone e Borsellino stavano segnando colpi importanti contro Cosa Nostra".