INAF - Istituto Nazionale di Astrofisica

12/21/2025 | News release | Distributed by Public on 12/21/2025 03:53

In viaggio verso Proxima con Albino Carbognani

Albino Carbognani,
"Destinazione spazio profondo. Verso Proxima e Barnard per esplorare nuovi pianeti" (con una prefazione di Patrizia Caraveo), Edizioni Dedalo, 2025, 260 pagine, 18 euro

Scrivendo da anni articoli sui risultati delle osservazioni con i telescopi di pianeti più o meno esotici attorno a stelle che non siano la nostra, e leggendo i commenti delle nostre lettrici e dei nostri lettori a queste notizie, penso di conoscere bene il senso di frustrazione che inevitabilmente accompagna l'entusiasmo per l'annuncio della scoperta di nuovi mondi potenzialmente abitabili: anche se fosse, quando mai li potremmo raggiungere?

Siamo una specie nata per esplorare. Solo che, a differenza di quanto è avvenuto per decine di migliaia di anni, le terre inesplorate non sono più a qualche mese di navigazione. Nemmeno a qualche anno. Oggi le terre inesplorate e colonizzabili - quelle che, per quanto ostili, potremmo forse un giorno avere la possibilità di abitare - non si trovano più a distanze compatibili con la vita umana. Il nostro bisogno d'esplorare è destinato a doversi accontentare di farlo con la mente, con la conoscenza. Se anche scoprissimo - e non è affatto escluso che avverrà - un pianeta dal clima mite, dall'atmosfera respirabile e con acqua allo stato liquido in superficie, non potremmo comunque mai metterci fisicamente piede.

O forse sì? E se sì, come? A rispondere - con rigore scientifico ma anche con un approccio fiducioso - è il nuovo libro dell'astronomo dell'Inaf Albino Carbognani, Destinazione spazio profondo (Dedalo, 2025). Prima di continuare, però, un disclaimer è d'obbligo: voce nota al grande pubblico per le frequenti interviste alla radio e in tv, Carbognani è anche un collaboratore della nostra testata. Un collaboratore speciale: i suoi articoli figurano regolarmente fra quelli più letti e commentati. Credo anche di sapere il perché: Carbognani vive vicino alle stelle. È uno dei rari esseri umani, rari anche fra gli astronomi, che ancora trascorrono le notti a osservare il cielo. Passa letteralmente le ore di buio sotto alla cupola del telescopio di Loiano, sui colli bolognesi, a esplorare lo spazio. Conosce e sa raccontarci il cielo notturno come Giorgio Bassani conosceva e sapeva raccontarci Ferrara.

Quello che Carbognani racconta è l'universo dentro le mura. Non troverete nel suo libro lo spazio estremo, non si parla di buchi neri, di pulsar, di remote galassie, né tanto meno di big bang o multiversi. Per essere precisi - e se c'è un'altra cosa che nelle duecento e passa pagine del libro non incontrerete mai è la vaghezza, perché Carbognani quantifica sempre, e tutto - le "mura" dell'universo di Carbognani sono quelle che cingono lo spazio nel raggio di dieci anni luce da noi. Uno spazio che per quanto ne sappiamo ospita dodici stelle soltanto - quelle mostrate in copertina. Una è la nostra. È dunque sulle altre undici che si concentra l'attenzione del libro. E fra queste, in particolare, su quelle verso le quali - per la minor distanza e per la presenza accertata di esopianeti - potremmo un giorno salpare: la Stella di Barnard e le tre del sistema di Alpha Centauri.

A scanso d'equivoci, va detto che c'è molta scienza, soprattutto molta fisica, nel libro di Carbognani. Si parla di meccanica celeste, s'incontrano a più riprese le leggi di Keplero e quelle della dinamica newtoniana. Si descrivono i metodi e gli strumenti che permettono di scoprire la presenza d'un pianeta attorno a una stella. È una lettura che per essere gustata appieno richiede un po' d'impegno, e magari di tenere carta e matita a portata di mano, soprattutto là dove ripercorre i concetti e le equazioni alla base della relatività, con quella dannata guastafeste di c, la velocità della luce, il limite invalicabile.

Invalicabile ma asintoto al quale tendere. In che modo, e con quali risultati, è ciò di cui si occupa la seconda parte del libro. Quella in cui vengono passati in rassegna i mezzi che un giorno potrebbero portarci su un mondo abitabile a qualche anno luce dalla Terra. È la parte che ogni aspirante scrittore di fantascienza che voglia sviluppare le proprie storie entro l'alveo della plausibilità scientifica dovrebbe leggere. Dai razzi a propulsione chimica a quelli ionici, da quelli a propulsione nucleari alle vele solari. E ancora: astronavi generazionali, viaggi con equipaggio in stato di torpore sintetico o, addirittura, di embrioni congelati.

Tutto rigorosamente quantificato. Tutto. Dai tempi di frenata al quelli della dilatazione relativistica, dai litri d'acqua che è possibile recuperare alla percentuale di massa muscolare che si perde. Fino ai ventuno metri di corsa concessi a un pione prima di decadere. Rendendo così almeno teoricamente realizzabile un'astronave con propulsione ad annichilazione di materia e antimateria in grado di portarci su Proxima b in poco più di otto anni terrestri - ma meno di sette per chi si trovasse a bordo, ringraziando la relatività ristretta.

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