11/11/2025 | Press release | Distributed by Public on 11/11/2025 09:25
Tra il 20 e il 23 ottobre 2025 si è svolto a Pechino il Quarto Plenum del XX Comitato Centrale del PCC, dedicato all'approvazione del 15° Piano Quinquennale. Il documento definisce le priorità economiche e politiche fino al 2030, con un'enfasi su sviluppo di alta qualità , autosufficienza tecnologica e sicurezza economica. Sul piano politico, il Plenum è stato preceduto da una nuova serie di epurazioni ai vertici militari, segno del persistente consolidamento del potere di Xi Jinping.
Nonostante la componente politica del Plenum sia rilevante, il messaggio più importante è proprio quello economico. In sintesi, il prossimo quinquennio di sviluppo in Cina sarà pienamente inserito nel contesto geoeconomico attuale. La Cina, infatti, punta a rafforzare la propria resilienza interna e a trasformare l'interdipendenza economica in leva geopolitica. Per l'Europa, la sfida è gestire la competizione tecnologica e il de-risking senza rinunciare a spazi di cooperazione con Pechino.
Per comprendere il senso di quanto deciso, bisogna, innanzitutto, fare un passo indietro e inquadrare il Quarto Plenum nel calendario politico del PCC. Questo tipo di riunioni sono il massimo momento decisionale nella vita del partito nel quinquennio che trascorre tra un Congresso e l'altro e in cui il Comitato Centrale resta in carica. Per questo, negli anni, si era definito un calendario di prassi piuttosto rigido che prevedeva all'incirca un Plenum all'anno, tranne che a ridosso del Congresso, per un totale di sette riunioni plenarie per ogni ciclo. Il più rilevante è sempre stato considerato il Terzo, tradizionalmente riunito un anno dopo il Congresso, quando, esaurite le incombenze di nomina politica del quinquennio entrante, venivano esposte le linee programmatiche del nuovo ciclo.
In genere, il Quarto Plenum affrontava questioni ideologiche e di governance. Tuttavia, questa volta l'attenzione si è concentrata sulla presentazione e approvazione del Quindicesimo Piano Quinquennale, il documento che orienterà la strategia di sviluppo cinese nel periodo 2026-2030, che di solito veniva discusso nel Quinto. La ragione è semplice. Questo Quarto Plenum si tiene con un anno di ritardo rispetto alla normale tabella di marcia, perché il precedente - il Terzo, quello delle linee programmatiche - si è tenuto a luglio 2024 invece che nell'autunno del 2023, facendo slittare tutto il calendario e facendo "saltare" un Plenum. Per quanto possano sembrare dettagli, si tratta di uno scostamento rilevante rispetto alla vita del Partito e che indica come Xi Jinping, che ha già superato diverse norme consuetudinarie e ha approvato riforme costituzionali per prolungare il suo periodo al potere, sia sempre meno vincolato nel suo agire politico.
Per queste ragioni, il rapporto di Xi Jinping con l'esercito assume un ruolo centrale in quanto tale gruppo sociale rimane sostanzialmente l'unico a rappresentare ancora un potere alternativo a quello del Segretario generale del PCC, che, a partire dalla campagna anticorruzione lanciata nell'immediatezza della sua salita al potere nel 2012, ha, nel corso del tempo, indebolito fino a quasi confinare nell'irrilevanza le varie fazioni politiche non allineate. L'attuale campagna di epurazioni ai vertici delle forze armate, proseguendo la campagna di ristrutturazione interna avviata nel 2023, assume una dimensione differente perché non riguarda più come in passato figure espressione di altre fazioni, ma coinvolge anche militari che erano stati in precedenza selezionati personalmente da Xi Jinping. Si tratta, quindi, di una indicazione di come sia fragile il sostegno politico di chi viene indicato da Xi e di come si possa rapidamente perdere il favore del leader. Questa circostanza genera incertezza negli alti vertici del partito e crea immobilismo in campo decisionale.
In particolare, tra le figure rimosse spicca il generale He Weidong, vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC), seconda carica militare dopo Xi Jinping. Le nomine successive - in particolare la promozione del generale Zhang Shengmin che ha legami di lungo corso con la famiglia di Xi - consolidano ulteriormente il controllo personale del leader sull'apparato militare. Le sanzioni anti-corruzione indicano non solo la volontà di preservare la lealtà politica delle élite, ma anche l'esistenza di tensioni interne che il leader cinese continua a gestire attraverso rotazioni e sostituzioni mirate.
Il nuovo Piano Quinquennale delinea le linee guida dello sviluppo cinese fino al 2030, inserendosi in un dibattito di lungo corso sullo Stato e sulle strategie economiche cinesi. In sintesi, nell'ultimo decennio, e con maggior forza dal 2020 quando è stata lanciata la Strategia della Doppia Circolazione, il governo cinese ha annunciato ciclicamente la volontà di favorire una transizione dal modello economico incentrato su esportazioni e investimenti verso una sostenibilità basata sui consumi. Tuttavia, nella realtà dei fatti, negli ultimi cinque anni Pechino ha fortemente sussidiato la produzione manifatturiera. Le risorse destinate all'industria derivano anche da una revisione del ruolo del settore del real estate che tradizionalmente ha pesato per circa un terzo della crescita, ma che è entrato nel mirino di Xi Jinping nel 2021 (il leader temeva lo scoppio di una bolla speculativa). In questo modo, nel periodo post-pandemico, le esportazioni cinesi sono aumentate sensibilmente - grazie anche a sussidi proprio finanziati con risorse prima destinate al real estate - mentre le importazioni non hanno seguito lo stesso andamento, con un'esplosione del surplus commerciale cinese.
La reazione dei Paesi occidentali a una condizione di forte aumento della produzione cinese - tanto che si è parlato di secondo China Shock, con un riferimento a quanto si era verificato nei primi anni 2000 con l'ingresso di Pechino nell'Organizzazione mondiale del commercio - è stata quella di denunciare l'eccesso di capacità delle fabbriche cinesi, la cosiddetta "overcapacity", sottolineando il fatto che fosse in buona parte il frutto di sussidi statali. Di overcapacity cinese si era discusso a lungo anche nei primi anni '10 quando Pechino si era trovata ad affrontare l'onda lunga degli stimoli fiscali approvati in contrasto alla crisi finanziaria globale del 2008. Allora la Cina aveva compensato il calo di domanda internazionale con spesa pubblica rivolta a opere infrastrutturali e real estate, ma dopo pochi anni si era trovata ad affrontare un eccesso di capacità produttiva nei settori dell'acciaio, del cemento e, in generale, di quelli legati alle costruzioni, da cui era uscita con difficoltà. Si trattava, allora, di una sovraccapacità in settori a basso valore aggiunto per cui era specifico interesse cinese rimodulare il settore industriale, tanto che una delle prime iniziative economiche che si era intestato personalmente Xi era quella della "riforma strutturale del lato dell'offerta". La sovraccapacità di oggi, invece, è strutturalmente differente perché nel frattempo sono subentrate le politiche in favore dell'avanzamento tecnologico cinese - che hanno come politica di riferimento il piano Made in China 2025 del 2015 - che hanno elevato il livello della produzione e, allo stesso tempo, con la prima amministrazione Trump ha preso avvio un confronto tra USA e Cina per il primato tecnologico ed economico mondiale. Quindi, se la sovraccapacità dei primi anni '10 era soprattutto un problema per l'economia cinese, l'overcapacity di oggi viene vista come una risorsa perché permette di guadagnare quote di mercato nei settori altamente tecnologici, in una fase in cui lo scontro internazionale è proprio sulle quote di mercato industriali nei segmenti avanzati.
È su questo sfondo che bisogna leggere le decisioni del Quarto Plenum che definiscono le linee di politica economica che verranno inserite nel Piano Quinquennale che verrà formalmente approvato a marzo. Se alcuni osservatori si aspettavano che Xi facesse finalmente il passo di favorire i consumi, quindi completando quella transizione che viene indicata come prioritaria dallo stesso governo cinese fin dal 2014, questa circostanza non si è verificata.
Allo stesso modo, sono risultate inevase le speranze di chi in Europa contava su un auto-contenimento della capacità produttiva cinese per favorire il riequilibrio della bilancia commerciale. Al contrario, il comunicato finale ribadisce la necessità di modernizzare l'apparato industriale, rafforzando le "fondamenta dell'economia reale" e accelerando la formazione di "forze produttive di alta qualità ". La crescita della domanda interna e dei consumi è riconosciuta come obiettivo importante, ma subordinata alla priorità della resilienza produttiva e dell'innovazione tecnologica. In sostanza, Xi accantona la transizione verso i consumi rafforzando la volontà di primeggiare a livello internazionale in campo industriale.
Complementare alla spinta all'industria c'è anche il riferimento all'autarchia tecnologica, un concetto al centro della narrazione del leader da parecchio tempo che verrà enfatizzato nel prossimo quinquennio. Semplificando, per il prossimo quinquennio la Cina non fa un balzo verso i consumi che porterebbe a una crescita delle importazioni e a un riequilibrio della bilancia commerciale, ma punta fortemente sul rafforzamento della produzione per affrontare con serenità lo scontro tecnologico con gli Stati Uniti. Se oggi la tregua tra Xi Jinping e Trump passa per lo scambio di terre rare (lato cinese) per semiconduttori (lato americano), con il raggiungimento degli obiettivi quinquennali la Cina non avrà più bisogno dei semiconduttori dall'estero, rafforzando il proprio posizionamento negoziale. Per questo il Piano Quinquennale in approvazione è da considerarsi fortemente geoeconomico e improntato alla sicurezza economica: scommette sul successo dell'industria cinese.
Tuttavia, questa strategia, che può apparire vincente sul lato esterno, sembra scontare un punto di debolezza su quello interno. L'eccesso di capacità produttiva che non può essere assorbito dalla domanda internazionale è la causa di una guerra dei prezzi e della riduzione dei margini tra gli esportatori cinesi. Lo stesso governo cinese, pur negando in generale l'esistenza di un eccesso di capacità produttiva che penalizza in maniera illecita i produttori esteri - e sostenendo, invece, che la forza industriale cinese sia solo frutto di migliori politiche industriali e migliori capacità imprenditoriali - riconosce il manifestarsi di una condizione definita "involuzione". Si tratta, con approssimazione, di un eccesso di competizione in alcuni settori che porta le aziende, appunto, a erodersi vicendevolmente i margini di guadagno con il rischio di fallimenti successivi. In questo discorso si inserisce la riflessione sul ruolo dei consumi. Come detto, il passaggio strutturale che sembrerebbe emerso al Quarto Plenum è quello della rinuncia a una strategia di sostegno diretto ai consumi, ma non vuol dire che il tema sia del tutto accantonato. La svolta è il passaggio da una promozione dei consumi attraverso riallocazione delle risorse in favore delle famiglie verso una promozione dei consumi come conseguenza del generale miglioramento dell'economia cinese. Nella visione di Xi Jinping, la prima opzione sarebbe da scartare in quanto viziata da un eccesso di assistenzialismo, mentre la seconda passa per una "vittoria" nella guerra commerciale con gli Stati Uniti.
Il Quarto Plenum conferma come la sicurezza economica sia divenuta la cornice ideologica dello sviluppo cinese. L'obiettivo di Xi Jinping non è soltanto garantire resilienza interna, ma anche trasformare la forza industriale e tecnologica della Cina in leva nella competizione internazionale. Questa strategia, tuttavia, potrebbe avere un impatto negativo sull'economia nazionale. Il "gioco" del prossimo quinquennio sarà dunque quello di bilanciare i ritorni geoeconomici, con le perdite interne, il tutto mantenendo stabilità nel Partito in vista del passaggio del Congresso del PCC del 2027 in cui Xi Jinping verrà rinnovato per un quarto mandato oppure cederà il passo a un successore.