10/30/2025 | Press release | Distributed by Public on 10/30/2025 11:09
Poco meno di due ore: tanto è durato il faccia a faccia tra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping, a Busan, in Corea del Sud. Ma è bastato per consentire a Trump di parlare di "un grande successo", che ha "risolto" la questione dell'accesso degli Stati Uniti alle terre rare e che porterà "molto presto" alla firma di un accordo commerciale tra Washington e Pechino, in vista del quale gli Stati Uniti ridurranno immediatamente i dazi sulle importazioni cinesi. "È stato un incontro straordinario", ha detto il presidente degli Stati Uniti ai giornalisti a bordo dell'Air Force One, mentre tornava a Washington, lanciandosi in una delle sue consuete iperboli. "In una scala da 0 a 10, dove 10 è il massimo, l'incontro è stato un 12". Tra sorrisi e strette di mano, i due leader, hanno anche annunciato un accordo sulla ripresa dell'acquisto di soia statunitense da parte di Pechino e sulla repressione del commercio illegale di fentanyl. Il presidente Usa, inoltre, ha annunciato che si recherà in Cina ad aprile e che Xi farà una visita di rimando negli Stati Uniti. Nel corso del vertice non si sarebbe parlato di Taiwan, su cui la Cina rivendica la sovranità. "Taiwan non è mai stata menzionata. Non è stata discussa", ha affermato Trump. Dalla sua, il presidente cinese si è limitato ad affermare che è naturale che Stati Uniti e Cina "non siano sempre d'accordo" e che è "normale che le due principali economie del mondo abbiano attriti di tanto in tanto".
Al di là delle esagerazioni trumpiane il quadro annunciato giovedì prevede la ripresa degli acquisti di soia americana da parte di Pechino e la sospensione per un anno delle restrizioni all'esportazione di terre rare annunciata da Pechino. In cambio Washington ridurrà del 10% - abbassando dal 57 al 47% - i dazi doganali alle merci cinesi. Ma più che una svolta, il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump ha iniziato il suo secondo mandato riporta sostanzialmente indietro le lancette dell'orologio a prima che l'offensiva del 'Giorno della Liberazione' di Trump innescasse una spirale di rappresaglie reciproche. L'esito ha permesso a Trump di rivendicare una vittoria per gli agricoltori e le aziende americane, nonostante la Cina abbia di fatto solo ripristinato lo status quo precedente. Al tempo stesso, però, l'accordo mette in luce il divario fondamentale tra ciò che Washington vuole e ciò che Pechino è disposta a offrire. Solo tre settimane fa, il presidente degli Stati Uniti aveva minacciato di annullare il vertice di oggi con il leader cinese e di imporre dazi del 100%. Oggi, la maggior parte degli osservatori concorda: Trump è stato costretto a fare marcia indietro perché Pechino ha sfruttato il suo quasi monopolio sulle terre rare e il suo potere d'acquisto sulla soia statunitense, per piegarlo.
A Busa, Xi ha ottenuto importanti concessioni da Washington: una riduzione dei dazi, la sospensione delle tasse portuali sulle navi cinesi e il rinvio dei controlli sulle esportazioni statunitensi. Al contrario, risultano assenti dai colloqui i grandi temi citati da Trump quando ha lanciato i dazi ad aprile: le politiche industriali della Cina, la sovraccapacità produttiva e il suo modello di crescita basato sulle esportazioni. Considerate le tensioni che covano da tempo, tuttavia, il fatto stesso che i due leader abbiano avuto un incontro amichevole e abbiano concordato di scambiarsi due visite l'anno prossimo apre a spiragli di una tregua commerciale necessaria e dà un po' di respiro a entrambe le parti: Trump ottiene una vittoria alla luce di un vertice attesissimo e Xi ottiene un sollievo dai dazi che hanno messo sotto pressione i produttori cinesi. Inoltre i funzionari cinesi si sono dichiarati soddisfatti del tono adottato da Trump e della sua definizione dell'incontro come un 'G2', come ha riferito Reuters, secondo cui la Cina vede questo vertice "come un trampolino di lancio verso un incontro più ampio in cui i due paesi potranno stabilizzare le relazioni".
La domanda, legittima, all'indomani dell'incontro è se gli accordi raggiunti saranno durevoli. Le restrizioni cinesi sulle licenze per le terre rare, che hanno sconvolto il commercio globale, difatti sono state rinviate di un anno, non smantellate, lasciando le fabbriche statunitensi di fronte a una continua incertezza nell'approvvigionamento di materiali essenziali. Trump ha concluso una serie di accordi sulle terre rare durante questo viaggio indo-pacifico, a dimostrare che gli Stati Uniti hanno bisogno di una catena di approvvigionamento diversificata. La sospensione per un anno delle restrizioni all'esportazione di terre rare da parte della Cina fa guadagnare tempo, ma lascia irrisolte le tensioni a lungo termine. Inoltre dai colloqui sono state espunte le questioni geopolitiche più spinose: Ucraina e Taiwan. Trump vuole che la Russia ponga fine alla guerra in Ucraina, ed è possibile che la Cina possa essere d'aiuto. Xi, tuttavia, non ha dato alcun segno di volere che Vladimir Putin cerchi la pace, mentre da parte sua, vuole spingere Trump a cambiare posizione su Taiwan. In assenza di un'intesa sulle grandi questioni strategiche, resta da capire quanto durerà l'attuale distensione.
Il commento
Di Filippo Fasulo, Co-Head Osservatorio Geoeconomia ISPI
"La tregua di Seoul siglata da una prolungata stretta di mano tra Xi Jinping e Trump interrompe un processo di escalation nelle sanzioni economiche che sembrava ormai irreversibile. Le differenze strutturali però rimangono e la "pausa" di un anno verrà probabilmente messa alla prova molto presto nei prossimi mesi. Anche perché se da un lato Trump continua a insistere sulla volontà di gestire la scambio tecnologico con la Cina per non perdere il primato, la Cina di Xi Jinping punta nei prossimi cinque anni ad aumentare il carattere autarchico della tecnologia cinese. Due strategie opposte che creeranno inevitabilmente future frizioni".