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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

12/22/2025 | Press release | Distributed by Public on 12/22/2025 10:26

Cisgiordania: brandelli di terra

Mentre Gaza lotta contro la fame, il freddo e il fango, non c'è tregua neanche per la Cisgiordania: il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato il riconoscimento di 19 nuovi insediamenti, che portano a 69 quelli autorizzati negli ultimi tre anni. Tra questi, ce ne sono tre che facevano parte di quelli evacuati nel 2005 nel disimpegno deciso dall'allora premier Ariel Sharon. Con quell'operazione di 20 anni fa, l'allora premier costrinse all'evacuazione circa 8mila coloni dalla Striscia di Gaza, e altri 2mila dalla Cisgiordania. Oggi, il clamoroso rovesciamento di quella decisione è stato annunciato con orgoglio dal ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich come "la correzione di un'ingiustizia storica". "Stiamo fermando la costituzione di uno Stato terrorista palestinese", ha dichiarato Smotrich, aggiungendo: "continueremo a sviluppare, costruire e insediarci nella terra dei nostri antenati, confidando nella rettitudine del cammino". Da tempo l'estrema destra religiosa ed etnonazionalista, alleata di Netanyahu, di cui fanno parte Smotrich e Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, considera le colonie uno strumento attraverso cui perseguire l'occupazione integrale della Cisgiordania e, al tempo stesso, impedire la nascita di un futuro stato palestinese. Sebbene tutti gli insediamenti e le colonie israeliane nei territori palestinesi siano illegali per il diritto internazionale, alcuni avamposti sono illegali anche secondo la legge israeliana. Molti di questi, tuttavia, vengono periodicamente legalizzati dalle autorità israeliane, alimentando i timori circa una possibile annessione del territorio.

Una strategia chiara?

Il pronunciamento si aggiunge a una serie di decisioni simili approvate dall'attuale governo che hanno trasformato la regione, pezzo dopo pezzo, da un mosaico di villaggi palestinesi collegati tra loro in un insieme di quartieri israeliani. A fine maggio il governo aveva approvato il riconoscimento di altri 22 insediamenti: si era trattato della più grande espansione degli ultimi decenni. Un trend che pare inarrestabile: negli ultimi due anni gli israeliani hanno costruito circa 130 nuovi avamposti, più di quanti ne siano stati eretti nei due decenni precedenti. Secondo l'organizzazione Peace Now questa accelerazione risponde ad una strategia precisa: "Il governo sta facendo tutto il possibile per consolidare la presenza di Israele nei territori e precludere la possibilità di un futuro di pace e di due stati per due popoli". Stabilire insediamenti in aree in cui Israele non è mai stato presente in precedenza, osservano gli attivisti per i diritti umani "mira a recidere la continuità territoriale palestinese e a distruggere quel minimo sviluppo economico che rimane possibile per i palestinesi". La decisione ha implicazioni di vasta portata: dal punto di vista legale e politico, è molto più difficile evacuare un insediamento riconosciuto da una decisione governativa che rimuoverne uno senza autorizzazione ufficiale.

Coloni fuori controllo?

Dopo l'annuncio del provvedimento è massima allerta nella Cisgiordania, già quotidianamente scossa da violenze e disordini. Nelle ultime 48 ore le forze israeliane hanno ucciso a colpi d'arma da fuoco due giovani palestinesi, un ragazzo di 16 anni e uno di 22, in due raid separati nel governatorato di Jenin. Alle operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) si aggiunge l'incessante campagna di violenza condotta dai coloni, e ampiamente tollerata dall'esercito israeliano, che consiste in aggressioni e molestie brutali, percosse e uccisioni, nonché in blocchi stradali, blackout e interruzione dei collegamenti con interi villaggi. Il numero di attacchi da parte di coloni estremisti è aumentato vertiginosamente negli ultimi due anni. A ottobre, si sono verificati in media otto episodi al giorno, il numero più alto da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrarli vent'anni fa. Ciò ha coinciso con il periodo della raccolta delle olive, una delle poche attività economiche redditizie per i palestinesi grazie agli alberi secolari che ricoprono le valli e le colline della regione. Secondo un approfondito reportage del New York Times, pubblicato in questi giorni, "molti dei coloni sono giovani estremisti le cui opinioni vanno persino oltre l'ideologia di estrema destra del governo. Generalmente non operano su ordini diretti della leadership militare israeliana. Ma sanno che l'esercito spesso guarda dall'altra parte e facilita le loro azioni".

Pace in cambio di terra?

In questo contesto, la decisione del governo israeliano non passerà inosservata e sarà certamente parte dei temi che il premier Benjamin Netanyahu discuterà con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nell'incontro previsto nei prossimi giorni a Mar-a-Lago. Anche perché l'aggressività dei coloni potrebbe in qualche modo compromettere il delicato equilibrio della tregua a Gaza, e potrebbe quindi non essere ben vista dal presidente americano. Nell'incontro tra i due leader, uno degli argomenti chiave sarà l'avvio della fase due del cessate il fuoco nella Striscia e la formazione di un governo di tecnocrati palestinesi per guidare l'enclave fino alla ricostruzione. Netanyahu ha più volte ribadito che non intende accettare che l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) di Mahmoud abbas ricopra alcun ruolo nella Striscia e la creazione di questi 19 insediamenti potrebbe diventare moneta di scambio: il sì degli Usa all'espansione di Israele in Cisgiordania, in cambio della partecipazione dell'Anp al processo di pace. Trump si è più volte pubblicamente impegnato a impedire a Israele di annettere la Cisgiordania, avvertendo anche che Israele, così facendo, "rischierebbe di perdere il sostegno degli Stati Uniti", ma finora non ha preso alcuna iniziativa per limitare l'espansione degli insediamenti.

Il commento

di Caterina Roggero, ISPI Senior Research Fellow

"Come già successo in passato, nel momento in cui si apre uno spiraglio di pace, si scatenano forze interne e contrarie che mirano al suo deragliamento. Proprio negli anni del processo di Oslo, per impedire che la soluzione dei due Stati fosse materialmente e fisicamente possibile, gli estremismi delle due parti - Hamas e i coloni con il loro background politico - scatenarono tragici attentati e diedero vita ad un aumento, mai visto prima, di insediamenti in Cisgiordania. Ora che c'è un nuovo piano di pace - molto meno strutturato di quello degli anni Novanta, ma almeno ancora con un vago riferimento a uno Stato per i palestinesi - il governo rema in senso totalmente contrario, usando il ben rodato metodo dell'imposizione dei fatti compiuti. Il nuovo processo di pace viene lasciato a languire sulla carta, l'esercito perpetua le violenze contro i civili palestinesi, l'esecutivo dà il via libera alla colonizzazione di una nuova porzione di Cisgiordania, e suoi eminenti esponenti veicolano il messaggio che un futuro stato palestinese non potrebbe che essere uno 'stato terrorista'".

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